Tra le riproposte della Festa di Roma in arrivo da altri festival internazionali c’è l’americano Red Rocket di Sean Baker (Tangerine, Un sogno chiamato Florida). Già visto in concorso a Cannes, ha per protagonista Simon Rex, che prima di diventare famoso come VJ e attore (specie per Scary Movie), ha iniziato la sua carriera girando scene di masturbazione da solista nel mondo del porno gay sotto lo pseudonimo di ‘Sebastian’. Insomma, l’attore, oltre che molto bravo nel ruolo dello stronzo, ha anche il physique du rôle per interpretare, in un paio di scene di nudo, un porno divo sia pure in declino. Facciamo la sua conoscenza nel momento in cui torna nella sua città natale, Texas City, piuttosto malconcio e senza un dollaro in tasca. A 39 anni, costretto a imbottirsi di viagra sul set e fuori, non ha perso le sue brutte abitudini, prima fra tutte quella di vivere sulle spalle di giovani donne sexy sfruttate anche economicamente (lo definiscono un suitcase pimp). Il suo nome d’arte è Mikey Saber e ha vinto diversi premi del settore, ma oggi è costretto a bussare alla porta della ex moglie Lexi (Bree Elrod) che vive con la vecchia madre in una casa modesta e ha una storia di droga alle spalle (tanto che i servizi sociali le hanno tolto il figlio). Lexi inizialmente non ne vuole sapere di lui, ma Mikey si infila in casa e promette di pagare una specie di affitto, provvidenziale per le due donne che se la passano piuttosto male. All’inizio si arrangia vendendo erba agli operai della fabbrica locale e riallaccia la relazione con la sua ex, ma poi fa la conoscenza con la commessa di un negozio di Donuts, una 17enne smaliziata, che si fa chiamare Strawberry (Suzanna Son, attrice e musicista) e in lei comincia a intravedere la prossima gallina dalle uova d’oro.
Sean Baker ha scritto la sceneggiatura con Chris Bergoch (ma molte scene sono frutto di improvvisazione e in particolare quelle di sesso, dove è sempre presente una certa dose di ironia). Così aveva raccontato a Cannes la genesi del progetto: “Tutti i miei film parlano di economia sotterranea, la trovo affascinante, soprattutto in relazione al sex work. Perché per alcuni è un’espressione di libertà economica e autodeterminazione, ma dall’altra parte si può vedere come sfruttamento patriarcale”. Fondamentale in tal senso la scelta della location: “Volevamo qualcosa che fosse nel Golfo del Messico, abbiamo guidato per tutta la costa e quando siamo arrivati a Texas City abbiamo subito capito di avere trovato la nostra location. Racchiude in sé tutte le città americane. La chiamano ‘la città che non può morire’ perché ha subìto tanti incredibili disastri. Era la città ideale per diventare il nuovo personaggio del film. Abbiamo girato in location reali, mischiando attori professionisti a debuttanti trovati in loco”.
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