Un italiano in Dreamworks per Kung Fu Panda 3

C’è un cuore italiano dietro al, terzo capitolo dell’affermato franchise Dreamworks in uscita in sala il 17 marzo, con anteprime sabato 12 e domenica 13


C’è un cuore italiano dietro a Kung Fu Panda 3, terzo capitolo dell’affermato franchise Dreamworks in uscita in sala il 17 marzo, con anteprime sabato 12 e domenica 13 e un evento di apertura e presentazione specificamente pensato per le scuole. Uno dei due registi, infatti, è italiano. Si chiama Alessandro Carloni, è nato a Bologna, cresciuto a Urbino e poi è approdato negli Usa, ma torna in Italia, all’Auditorium parco della musica, per tenere una lezione agli studenti, moderata da Piera Detassis e organizzata da Fondazione Cinema per Roma, Cityfest, Fondazione Musica per roma, Alice nella città e naturalmente 20th Century Fox e Dreamworks.

“Non ho sempre pensato di fare il regista – racconta Carloni – ho fatto il liceo artistico e immaginavo di diventare scrittore o musicista. Mio padre è un grande illustratore, nonché creatore di celebri ‘Caroselli’ per la tv, quindi sicuramente da lui ho preso la passione per l’immagine, mia madre una volta da bambino mi disse: una vita non basta per fare tutte le esperienza possibili. Molti di non andranno in guerra – per fortuna – a esplorare la giungla o nello spazio, ma puoi rendere tue le esperienze altrui attraverso le storie. Questo mi ha spinto a imparare a raccontare”.

Ma come fa un regista ad arrivare in Dreamworks e, soprattutto, cosa fa una volta arrivato? “Non ho mai studiato animazione, ho lavorato sul campo in tutta Europa: Germania, Danimarca, Inghilterra. Poi un corto su un piccolo squalo realizzato con Gabriele Pennacchioli mi ha procurato il primo contatto, perché la Dreamworks stava realizzando un film ambientato sott’acqua. Ho cominciato a diciassette anni e consiglio di farlo anche ai giovani. Benissimo le scuole ma imparate sul campo e imparate a lavorare in team. Io stesso se devo scegliere qualcuno metto davanti lo spirito di squadra rispetto al talento. Mi arrivano portfolio di geni dell’illustrazione ma poi scopro che non sono mai usciti di casa, ma il mio è un lavoro che non si può fare se non sai gestire i rapporti con gli altri, è continua condivisione, anche nella creazione dei personaggi. Il regista è sempre in bilico tra personaggio e storia. Preferite vivere un’avventura incredibile con qualcuno che non sopportate o andare a rinnovare la patente con qualcuno che vi è molto simpatico? Il pubblico deve amare i personaggi, altrimenti non funzionerà, bisogna creare empatia”.

Poi mette su un rullo di storyboard preparatori, inediti e molto interessanti: “ad esempio – spiega – all’inizio il protagonista di Kung Fu Panda, Poe, era arrogante e sbruffone. Certo, questo aiuta la storia, perché poi si immagina che qualcosa lo farà cambiare e il personaggio avrà il suo percorso. Ma il pubblico lo avrebbe detestato. Così si è proposto di renderlo un pasticcione, un grande fan di arti marziali che si trova improvvisamente catapultato nel mondo che ha sempre sognato. E zoomando sui suoi occhi, mostrando che lui ama veramente qualcosa, anche il pubblico lo ama. Sono affascinato dai  perdenti, trovo che il pubblico di oggi riesca a entrarci maggiormente in contatto rispetto a un eroe di stampo classico. Dalla creazione si realizzano degli schizzi rapidi, poi si va al layout computerizzato e al cosidetto ‘rigging’ con dei modelli molto grezzi animati da uno scheletrino virtuale. Oggi con gli ultimi software siamo in grado attraverso una penna ottica di interagire direttamente sui volti dei personaggi. E’ ancora un lavoro molto manuale, prima si facevano 24 fotogrammi al secondo, ora magari 7, perché il computer aiuta nelle fasi intermedie, ma c’è ancora tanta manodopera. Diverso invece il caso della motion-capture, cioè l’animazione con attori che registrano i movimenti, ma l’Academy ha recentemente specificato che la vera animazione deve essere realizzata sul fotogramma. La nostra, insomma. E’ vero che oggi il cinema ‘live action’ si avvicina all’animazione, vedete Avatar, ma anche il contrario. In questo film si parla di lutti e famiglie disfunzionali formate da due papà. Un bel passo avanti tematico”.

Curiosità: il film è in coproduzione con la Cina e gode di una versione in mandarino curata in maniera specifica: “Sono stati rielaborati tutti i labiali dei personaggi cosicché i dialoghi fossero realistici. E naturalmente avere a fianco artisti cinesi ci ha aiutati a non sbagliare. Nei primi due capitoli abbiamo inventato, ora sapevamo esattamente a quale dinastia apparteneva un vestito”.

Prossimi progetti? “Ne ho quattro – dice Carloni – ma ovviamente non posso parlarne. Diciamo che mi piacerebbe molto fare un film con Benigni, live-action in quel caso”.  

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02 Marzo 2016

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