Un dicembre rosso shocking, quando un titolo trasfigura un capolavoro

Il film del'73 di Nicolas Roeg, 'Don’t look now', è uno dei grandi capolavori thriller / horror della storia del cinema, nonostante il grottesco titolo italiano 'A Venezia… un dicembre rosso shocking'


Il titolo italiano A Venezia… un dicembre rosso shocking è una delle maschere più grottesche che si siano incollate sul volto originale di un film. Tanto da deformarne i lineamenti e alterandone la decodifica del genere.

Look now!

Nonostante questa trasfigurazione del titolo il film di Nicolas Roeg – Don’t look now – uscito nell’autunno del 1973, rimane uno dei grandi capolavori thriller / horror della storia del cinema. Fu incompreso all’epoca. Maltrattato addirittura: “fango romantico”, lo definì l’importante critico Michael Dempsey nella sua recensione su Film Quarterly. Ma col tempo fu riabilitato, conquistandosi il titolo di cult e diventando a detta di praticamente tutti il miglior lavoro del suo autore, nonché uno dei migliori film inglesi di sempre.

Un’opera che non si accontenta di infarcire di paura e di facili jumpscares la sua trama, ma lavora la percezione dello spettatore con gli arnesi – ben più sottili – del terrore, del dolore e dell’apprensione. Pochi film sono riusciti a farci entrare con la stessa maestria nella mente di un uomo che cerca di liberarsi da un terrore crescente.

È uno di quei film degli anni ’70 che evita il sensazionalismo hollywoodiano e cerca invece di replicare i ritmi della vita reale. Non ci sono espressioni di rabbia selvaggia, né urla che squarciano il silenzio. Roeg e il suo montatore, Graeme Clifford, spezzano la storia in sequenze acuminate e passano da un’immagine inquietante all’altra senza soluzione di continuità. Il film è frammentato nel suo stile visivo, accumulando immagini che si sommano fino al sanguinoso momento finale della verità.

Storia di un dolore

La storia parte da una disgrazia. Dalla morte accidentale per annegamento della piccola Christine (Sharon Williams). I due genitori addolorati, piegati dal lutto sono John (Donald Sutherland) e Laura Baxter (Julie Christie) e decidono di fuggire in Italia, a Venezia, dove l’uomo è stato incaricato di restaurare una chiesa. Lì Laura incontra due sorelle che affermano di essere in contatto con lo spirito della figlia dei Baxter. Laura le prende sul serio, ma John si schernisce finché non intravede quella che sembra Christine che corre per le strade di Venezia.

La storia del film si sviluppa interamente in un’atmosfera autunnale, quando tutto è grigio e umido e sull’orlo del gelo. Si apre nel cottage di campagna di John e Laura, accoccolati davanti al fuoco a lavorare, mentre i loro figli giocano fuori. Non c’è mai un momento in cui questa scena nella campagna inglese sembri sicura o serena. È significativo come sin dalle prime sequenze le immagini trasudino tensione.

Una Venezia rosso crepuscolo

Venezia è ritratta come una città stregata e non è mai stata così malinconica come in Don’t Look Now. È simile a un’immensa necropoli con le sue pietre umide e fatiscenti, i suoi canali brulicanti di topi, le sue luci livide. Roeg la svuota di persone: ci sono alcune inquadrature, in strade trafficate o vicino al Canal Grande, in cui vediamo residenti e turisti, ma durante le due scene prolungate in cui John e Laura si smarriscono non c’è nessun altro in giro, e le strade, i ponti, i canali, i vicoli ciechi e le svolte sbagliate si ripiegano su se stessi. Camminare a Venezia, soprattutto in una nebbiosa luce invernale, è come camminare in un sogno. O in un incubo.

ll protagonista è un uomo razionale che non crede ai sensitivi, ai presagi o all’aldilà. Il film si occupa di demolire il suo scetticismo un pezzo alla volta. Coinvolge donne che hanno un legame intuitivo con il soprannaturale e uomini che con la loro mente analitica sono intrappolati nella negazione: uomini come l’architetto, il vescovo e il poliziotto, che cercano di capire gli eventi della storia. La moglie dell’architetto, la donna cieca e sua sorella cercano di avvertirli, ma non ci riescono.

Non solo sesso

Il film è tratto da un romanzo di Daphne Du Maurier e conquistò una certa popolarità all’epoca per una singola scena. Ovviamente, come spesso accade, una scena di sesso. Arrivati da poco a Venezia dopo la morte della figlia, John e sua moglie Laura si rotolano nel letto dell’albergo in un amplesso appassionato. Per i personaggi, si tratta di un breve momento di vita in mezzo a un incubo plasmato dal dolore e da cui non riescono a svegliarsi. La scena è cruda e reale e fa sentire lo spettatore lì a due passi dalle lenzuola, come se stesse vedendo qualcosa che non dovrebbe vedere. Si diceva addirittura che il sesso tra Sutherland e Christie non fosse simulato, il che spinse orde di giovani cinefili a correre in sala per giudicare da soli.

Tecnicamente classificato come film dell’orrore, A Venezia un dicembre rosso shocking si basa su uno strisciante senso di terrore che a volte si insinua così lentamente da fermarsi. Altri ritmi, altro cinema, altri film si potrebbe pensare considerando un’opera vecchia di 50 anni. Eppure a rivederlo oggi questo capolavoro di Roeg sembra così moderno da essere ancora in anticipo su tempi che verranno. Un film di incredibile contemporaneità che eleva il concetto di perturbante a livelli poche volte raggiunti dalle storie thriller o del terrore visti al cinema.

Da rivedere, assolutamente.

Manlio Castagna
12 Novembre 2023

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