Il 23 marzo 2022 Ugo Tognazzi compie cent’anni. Tra le numerose iniziative allestite in Italia e all’estero per rendere omaggio al grande e superpremiato attore e regista d’origine cremonese, al Cinema Teatro Sociale di Gemona la Cineteca del Friuli propone nel giorno dell’anniversario la proiezione d’una copia d’epoca a 35mm del film Romanzo popolare, un campione d’incassi diretto nell’inverno 1973-74 da Mario Monicelli.
Coprotagonista, al fianco di Ugo Tognazzi e Ornella Muti, il ventottenne attore pugliese Michele Placido. Di recente in scena al teatro gemonese come protagonista de La bottega del caffè di Carlo Goldoni per la regia di Paolo Valerio, Placido ha registrato una videointervista per introdurre la proiezione. “Ugo Tognazzi l’avevo incontrato per la prima volta sul set di Romanzo popolare a Milano. Fu girato interamente nelle case popolari della periferia milanese. Gli risultai subito simpatico. Ugo andava subito sul personale, non si parlava mai dei personaggi che interpretavamo. Ma piuttosto ‘Cosa ti piace cucinare?’. Io lo portavo in qualche trattoria pugliese a Milano. Poi lui mi ricompensava invitandomi nei migliori ristoranti a mangiare il risotto o la cotoletta. Mario Monicelli lavorava non tanto sui personaggi quanto su quello che noi potevamo rappresentare dal punto di vista personale rispetto ai personaggi. Non c’era Actor’s Studio o roba del genere. Si trattava di tirar fuori il nostro vissuto. Mario aveva le idee chiare, ho lavorato tante volte con lui negli anni successivi. Ricercava soprattutto l’aspetto umano dei personaggi, con pregi e difetti”.
“La premura di Monicelli era che non esistessero mostri sacri sul set. Mario rimproverava me tanto quanto Ugo Tognazzi o Ornella Muti. Tra Ugo e Mario c’era un rapporto che permetteva non dico lo scontro ma il dialogo acceso. Non c’erano star sul set, lo stesso Mario non era una star, s’infastidiva quando lo chiamavano ‘maestro’. Ho saputo in seguito che quando Nino Manfredi aveva rifiutato il ruolo del protagonista, la storia era stata spostata da Roma a Milano. Una scelta giusta, perché in quel periodo il movimento operaio lì era molto più vivo, c’erano gli scontri sindacali. Era l’incontro-scontro fra un piccolo borghese settentrionale che parlava la propria lingua – ai dialoghi scritti da Age, Scarpelli e Monicelli collaborarono anche Beppe Viola, grande cronista sportivo, e Enzo Jannacci, un cantautore popolare anche tra gli immigrati – e un poliziotto meridionale che parlava il proprio dialetto. Ciò diede un’attualità sociale al film, che non è solo una commedia ma qualcosa di più”.
“All’anteprima milanese alla quale assistetti con Ugo, il produttore Edmondo Amati e ‘il signor Monicelli’ (gli davo ancora del lei) ci fu scarso pubblico, non so perché. Poi grazie al passaparola divenne un campione d’incassi di quella stagione. Allora i film restavano in sala per mesi e mesi, dalle prime visioni fino ai cinema parrocchiali. Romanzo popolare incassò quasi due miliardi di lire”.
“Quando Ugo prendeva in simpatia una persona lo invitava spesso al Villaggio Tognazzi a Torvaianica, dove si giocava a tennis, si facevano soprattutto delle grandi magnate, e Ugo doveva essere il re degli chef. Lì avevi l’opportunità d’incontrare grandi registi come Gillo Pontecorvo o Michelangelo Antonioni, grande appassionato di tennis. All’epoca il cinema non era come oggi, era veramente una grande famiglia, nel bene e nel male. Era il periodo d’oro del cinema italiano. All’epoca era tutto più divertente, più leggero. Facevamo dei capolavori! In poche parole io entrai a far parte della famiglia Tognazzi. Con Ricky Tognazzi e i suoi parenti siamo tuttora molto amici”.
“In Romanzo popolare Ornella Muti era nel fiore della sua bellezza, aveva una femminilità che sprizzava da tutti i pori. C’è un segreto da rivelare: lei era incinta ma nessuno lo sapeva. Quando Ugo ne venne a conoscenza mi disse: ‘Per te adesso diventa più difficile. Sei giovane, sei bello, ma lei non te la dà, non te la dà!’ Battute non pesanti, dette sempre con l’ironia, l’ilarità di Ugo, un uomo che si godeva la vita”.
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