UGO TOGNAZZI


Si gioca tutto su un calembour freudiano la presentazione veneziana del libro su Ugo Tognazzi, Tognazzi. L’alterugo del cinema italiano, curato da Massimo Causo. Il lavoro arriva a dieci anni dalla morte dell’attore ma la sala gremita di pubblico dimostra quanto sia ancora vivo il ricordo e l’affetto per l’attore di Cremona.
All’evento ha partecipato anche Alberto Barbera, direttore della Mostra del Cinema, che si è rammaricato per non aver potuto dare più spazio alla manifestazione “la proposta è arrivata all’ultimo minuto – si scusa – e il programma della Mostra era già troppo avanti per essere modificato”.
Al tavolo dei relatori tutta la famiglia Tognazzi: la moglie Franca Bettoja e i tre figli Ricky, Giammarco e Maria Sole. Al loro fianco gli amici nonché creatori dei saggi che compongono il volume: Federico Chiacchiari, Stefano Della Casa e Morando Morandini. Per loro una folla di fotografi pronti a ritrarre una famiglia di divi. E già, perché il clan Tognazzi si compone di ben due registi e un attore.
Il primo a parlare è stato Richy, il figlio maggiore, quello che ha vissuto con il padre un grande sodalizio artistico, facendo più volte l’aiuto regista nei suoi film: “Mio padre è stato un uomo ricco di sentimenti. Generoso e distratto in parti uguali. Con lui ho fatto un’esperienza indimenticabile. Ricordo il set di Arrivederci e Grazie, scritto da mia moglie. In quell’occasione sono emersi tutti i nostri problemi interpersonali, spesso dolorosi. Tutti i malintesi rimossi per tanti anni. Lì ho capito che a una certa età si diventa coetanei dei propri genitori. Da allora sono riuscito a vedere non solo il padre, ma anche l’uomo e l’artista e tutto è diventato più facile”.
Poi la parola è passata a Gianmarco: “Il nostro è stato un rapporto difficile, ci somigliavamo troppo per andare d’accordo. E non c’era niente che lo mandasse più in bestia che vedere la sua copia in giro per casa. Poi, con gli anni, la situazione è migliorata, soprattutto da quando sono diventato il “capo assaggiatore” della famiglia, mio padre infatti aveva una vera passione, o forse ossessione, per la cucina. Dal quel giorno sono entrato nelle sue grazie. Perché avevamo finalmente qualcosa in comune: l’amore per il cibo. Le cose cambiavano radicalmente qunado si parlava di cinema: in quei casi diventava assolutamente ermetico. Non era come per l’arte culinaria. Si vedeva lontano un miglio che non aveva nessuna voglia di indirizzarmi su quella strada”.
Infine Maria Sole, la figlia più piccola: “Papà è morto che avevo diciotto anni. Ho vissuto la parte più triste e malinconica della sua vita. Per questo il libro, per me, ha avuto un valore particolare. Mi sono riappropriata di una parte mio padre: quella più brillante e goliardica. Finalmente ho potuto godere del suo senso dell’umorismo, che gli anni e le delusioni avevano allontanato”.
A concludere è stato Bruno Torri, Presidente del Sindacato Critici: “Non mi aspettavo una tale folla per la presentazion del libro. Sono piacevolmente sorpreso. D’altra parte è sempre stato tipico di Ugo sorprendere. Proprio qui vicino, in questo preciso momento, sta parlando l’on.Sgarbi, non vi sembra una strana coincidenza? Ugo gli ha sottratto parecchi spettatori, evidentemente è rimasto all’opposizione”.

autore
05 Settembre 2001

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