Troppi film ai festival? Più di qualcuno comincia a sospettarlo, preoccupato che la presenza di un numero eccessivo di titoli nel cartellone delle singole manifestazioni finisca per penalizzarne la visibilità.
Sono stati 163 i film proiettati alla Mostra di Venezia; 182 alla Festa del Cinema di Roma; 173 al Torino Film Festival. Ma anche i cosiddetti festival minori viaggiano su numeri importanti: 65 i film del MedFilm Festival; 85 quelli del RIFF (Rome International Film Festival), per segnalare due esempi recentissimi.
“La tendenza riempire i programmi – afferma la produttrice Francesca Cima – è inarrestabile, inevitabile conseguenza della proliferazione di produzione audiovisiva. Si tratta di un fenomeno ribadito anche dalle uscite in sala, dove ogni settimana approdano 12/15 nuovi film. Di fronte ad un’offerta colossale, capisco che per i selezionatori sia difficile scegliere. Se si è preso un film, perché non prenderne un altro dello stesso peso specifico per ciò che riguarda il risultato artistico o l’importanza commerciale?”.
“Il fatto è – commenta Andrea Occhipinti, titolare della distribuzione Lucky Red – che ci sono film che non trovano spazio né nel mercato tradizionale, né sulle piattaforme e si rivolgono ai festival perché sono diventati l’unica occasione per poterli mostrare. I festival si sono trasformati in una sorta di mercato alternativo per la divulgazione di certi prodotti, altrimenti condannati all’invisibilità”.
“Il problema – afferma Antonio Medici, amministratore delegato di BIM – è il disorientamento del pubblico di fronte alla quantità di offerta a disposizione. Il fenomeno riguarda in particolare cosa scegliere sulle piattaforme, ma anche cosa scegliere fra le crescenti proposte dei festival. Anche all’interno delle kermesse è diventato necessario lavorare sui percorsi, ovvero orientare e guidare il pubblico, identificando i diversi interessi del singolo spettatore per indirizzarlo verso i prodotti di suo personale gradimento”.
“Discutere in astratto se il numero dei film nei festival sia eccessivo – fa notare il direttore della Mostra di Venezia Alberto Barbera – ha poco senso. Ogni manifestazione ha il dovere di garantire ai titoli selezionati un’adeguata visibilità, che dipende dal numero dei giorni di svolgimento, e dagli spazi espositivi a disposizione. Sono anch’io convinto che non si debba esagerare nel riempire i cartelloni e avverto il pericolo che un’indiscriminata selezione determini la perdita di identità del festival. Per questo dal 2012, da quando ho iniziato ad occuparmi della Biennale Cinema, ad oggi, il numero dei film che ho proposto è cresciuto solo di poche unità”.
“Tuttavia – rammenta dalla categoria dei critici, Paolo Mereghetti – bisogna riconoscere che la moltiplicazione di offerta dei festival nasce, spesso, dalla esasperata concorrenza fra le manifestazioni e dalla volontà dei direttori di sottrarre prodotto ai colleghi, con la complicità di produttori e distributori, a cui piace affermare orgogliosamente il mio film è andato a Cannes o a Venezia, ma evitando di aggiungere e nessuno se n’è accorto. Senza dimenticare che il gigantismo dei festival non riguarda solo il numero dei film in cartellone, ma la struttura stessa delle manifestazioni che tendono ad ampliarsi con le pre/aperture e le post/chiusure. Io credo che i festival non dovrebbero durare più di dieci giorni”.
Sul fronte esercenti non si manca di individuare alcune criticità. “I festival – conferma Fabio Fefè, programmatore di Circuito Cinema – svolgono una funzione importantissima, perché hanno permesso di far conoscere film e autori che altrimenti non sarebbero mai stati acquistati dalle distribuzioni. Proprio per questo è importante che i festival promuovano soprattutto prodotti di qualità non ancora conosciuti. Invece, accade sempre più spesso che i festival scelgano film che non hanno bisogno della promozione festivaliera. Il rischio è che le parti si invertano: non sono i festival a promuovere i film, ma i film che fanno pubblicità al festival. Un altro elemento di preoccupazione è constatare come spesso i festival, pur senza alcuna diretta responsabilità, finiscono per fare da tappo alla circolazione di film sul mercato. Ci sono titoli che restano congelati nella speranza di approdare a qualche festival e in questo modo si creano dei periodi di carenza o addirittura mancanza di prodotto per le sale”.
“Uno dei maggiori pericoli – sottolinea Domenico Dinoia, esercente e presidente della FICE (Federazione Italiana Cinema d’Essai) – è l’eccessiva importanza riservata alla presenza dei nomi famosi. C’è l’impressione che, in molti casi, i film vengano selezionati dal festival non in base al valore artistico, ma perché assicurano la presenza delle star. Invece compito prioritario dei festival dovrebbe essere quello di educare il pubblico, formare nuove generazioni di spettatori e difendere e promuovere la proiezione in presenza per sottolineare l’importanza e la funzione del cinema come fatto sociale e culturale. Per questi motivi, trovo che sia improprio che i festival diano spazio a prodotti destinati in via prioritaria o esclusiva al consumo sulle piattaforme”.
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