VENEZIA – Un intrigo di sesso e potere, più che mai attuale, ma ambientato all’inizio del Settecento, sotto il regno della regina Anna (1702-1714), è il plot del nuovo film di Yorgos Lanthimos, The favourite, tra i più applauditi del concorso di Venezia 75. Il cineasta greco firma la sua opera più matura e intellegibile, mettendo da parte certi vezzi registici e metafisici a cui ci ha abituato nei suoi lavori precedenti (The Lobster, Il sacrificio del cervo sacro) e cambia registro, ma non temi, sulla scorta dello script dell’australiano Tony McNamara (ma la sceneggiatura si basa su un testo di Deborah Davis andata in onda su BBC Radio col titolo di Balance of Power). E’ infatti una radiografia degli eccessi dell’arbitrio, ma anche dell’uso e dell’abuso dell’eros e della manipolazione. E per una volta tutto avviene tra tra donne con gli uomini relegati a ruoli di comprimari: la regina Anna (Olivia Colman), donna complessata e segnata dalle 17 gravidanze non andate a buon fine – alleva un coniglietto per ogni bambino nato morto – si affida completamente a Lady Sarah Churchill duchessa di Marlborough (Rachel Weisz), lucida stratega e moglie del comandante in capo dell’esercito inglese impegnato in Francia nella costosa (per i proprietari terrieri) Guerra di successione spagnola. La scaltra Lady non solo regge le fila del governo ma alimenta il suo ascendente anche nel letto della capricciosa sovrana affetta da una grave forma di gotta. Se non che arriva a Palazzo la cugina Abigail Masham (Emma Stone), aristocratica caduta in disgrazia – suo padre l’ha venduta per un debito di gioco – che si adatta a fare la cameriera ma punta a diventare la favorita della regina.
Con i costumi del premio Oscar Sandy Powell e le scene di Fiona Crombie, il film sfodera una perfezione formale che si affianca alla densità delle psicologie delle tre protagoniste, avvinte in un triangolo lesbico fatto di gelosie e inganni. “Sono stato immediatamente attratto dalla storia di queste tre donne così complesse, tre personaggi realmente esistiti – dice Lanthimos – poi non avevo mai fatto un film in costume e l’idea mi attirava perché crea una certa distanza dalla materia”. Il cineasta, classe 1973, respinge i riferimenti diretti al movimento #MeeToo e ai recenti casi di molestie sessuali: “Sono nove anni che lavoriamo su questo progetto che ha subito molte variazioni in corso d’opera, quindi è impossibile che sia legato ai movimenti esplosi quest’anno. Però una cosa posso dirla: mentre spesso nel cinema le donne sono oggetto del desiderio o comunque mogli o fidanzate di qualche uomo, qui sono personaggi a tutto tondo, esseri umani completi, meravigliose e orrende allo stesso tempo”.
Emma Stone, unica americana in un cast tutto britannico, ha accettato la sfida di lavorare sull’accento, anche perché Abigail non parla molto, è una che guarda e osserva. “E’ una sopravvissuta, all’inizio non la capivo bene ma poi via via che siamo andati avanti sono entrata nel personaggio anche per il sesso, è stato bello farlo con Olivia, abbiamo familiarizzato molto e ci è sembrato naturale”. E accetta di fare un parallelo tra la rivalità a corte e quella a Hollywood: “Esiste in tutti gli ambienti, ma solo da poco ho cominciato a riflettere su questo punto”. Olivia Colman, che presto vedremo anche nei panni di un’altra sovrana, l’Elisabetta II della terza stagione di The Crown, dice della Regina Anna. “E’ una donna che non si sente amata da nessuno. L’intreccio tra sesso e politica non l’abbiamo inventato noi contemporanei, c’è sempre stato”. E ricambia i complimenti a Emma Stone, mentre Rachel Weisz è assente da Venezia perché sta per partorire.
Aggiunge Yorgos: “Anna prendeva decisioni che influivano sulla vita di milioni di persone spesso in base a umori passeggeri. E’ un aspetto che mi ha affascinato. Questo è un film estremo, che mostra il contrasto tra persone sole che vivono in uno spazio grande e dove tutto è molto distorto, così ho usato tanto il grandangolo”.
Tornerà a girare in Grecia? “Se trovo la storia giusta, volentieri. Devo dire che più sto fuori e più mi sento greco. Ma nel mio paese il lavoro dipende molto dalla generosità degli amici che spesso lavorano gratis e usano le loro cose, i loro vestiti o la loro automobile in scena. Di quel periodo cerco di conservare la spontaneità e la generosità, ma non sempre è facile in un sistema industriale. All’estero ho a disposizione maggiori mezzi e budget”.
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