Uno dei più grandi talenti della storia del calcio. L’unico, nell’epoca dei cambi maglia milionari, ad aver vestito per tutti i suoi 27 anni di carriera sempre e solo la maglia giallorossa della Roma. Adorato dai suoi tifosi come una divinità, amato dalla sua città come un figlio, Francesco Totti, fuoriclasse del calcio mondiale ma anche uomo semplice, genuino, autoironico e romanissimo, legato da sempre alla sua città e al calcio, è protagonista della serie tv Sky Original in sei episodi Speravo de morì prima (citando uno degli striscioni che comparve nello stadio il giorno del suo addio al calcio), tratta dall’autobiografia di Francesco Totti Un capitano, curata da Paolo Condò, in onda dal 19 marzo su Sky Atlantic. “Abbiamo scelto di raccontare la parte della vita di Totti in cui emerge di più il suo lato umano, altrettanto interessante rispetto alla sua carriera sportiva”, racconta Nicola Maccanico durante la conferenza stampa trasmessa in diretta dallo stadio Olimpico di Roma. “Una serie che nasce per superare le barriere del tifo, per raccontare una storia universale, che va ben oltre un tifo calcistico piuttosto che un altro”.
Diretta da Luca Ribuoli, la serie – che si muove tra presente e passato, pubblico e privato del fuoriclasse- con Pietro Castellitto (cresciuto, come ripete, col suo poster in camera) nei panni del leggendario numero dieci, si concentra sull’ultimo anno e mezzo di carriera dell’ex capitano della Roma, sulla fine del suo lungo ed entusiasmante percorso con la maglia giallorossa, ripercorrendo i diciotto difficili mesi che vanno dal ritorno sulla panchina della Roma di Luciano Spalletti, con cui si scatena una vera e propria guerra, fino al più struggente addio al pallone della storia del calcio. Un corpo a corpo contro due avversari che non fanno sconti, il suo ultimo allenatore e il tempo che gli minaccia l’inevitabile scadenza che si avvicina, per arrivare a quel saluto in diretta al calcio che fece commuovere tutti gli sportivi, non solo romanisti, in cui il capitano disse che era arrivato il giorno che non avrebbe mai voluto vedere, ammettendo pubblicamente, in lacrime, che per la prima volta nella sua vita aveva paura. “Avevamo sempre davanti a noi il senso di responsabilità verso un personaggio così importante per la città di Roma, e a cui avremmo anche poi dovuto far vedere il lavoro – sottolinea il regista Luca Ribuoli – Ho cercato di divertitimi nel farlo, di giocare come il campione ha sempre fatto, protetto dal talento di tutti gli interpreti che abbiamo messo in campo”.
Come vestire i panni di un mito personale così importante? “La sfida era riuscire a creare una maschera che lo evocasse e che allo stesso tempo stupisse. Il cinema è evocazione, non imitazione”, risponde Pietro Castellitto, che racconta di aver ritrovato, durante le riprese, un suo diario scritto a nove anni in cui il capitolo più lungo riguarda proprio Totti, descritto da lui come ‘qualcosa che l’umanità neanche se ci prova riesce ad inventare’. “Quando convivi tanto con un idolo presumi di conoscerlo. Incontrandolo ho scoperto, poi, un Totti incredibilmente loquace, capace di tenere banco. Anche molto consapevole del mito che è e che rappresenta”. Un saluto al calcio che nella serie diventa anche il tema universale della lotta dell’uomo contro la fine, in cui la fine del gioco e di una carriera sportiva, diventa metafora della fine della vita. “Totti è per sua natura archetipo – sottolinea Pietro Castellitto – una rete di salvataggio, tutti si potranno riconoscere in Totti, a prescindere dall’essere tifosi o meno”.
Ad interpretare il controverso personaggio di Spalletti e tutta la conflittualità che ha accompagnato l’uscita di scena di una leggenda, Gian Marco Tognazzi: “Ho cercato di trovare un filo conduttore e l’ho identificato nel disagio. Non solo quello di Spalletti ma anche di una società, di un gruppo e di Totti stesso. Non mi piaceva l’idea dell’antagonista o del cattivo, perché non credo che sia tale. Ho cercato di avvicinarmi alla filosofia dell’allenatore, che ho scoperto basarsi sul gruppo da mettere davanti a tutto, anche se poi si contraddice in realtà con quello che aveva fatto nella sua prima esperienza in squadra in cui aveva messo Totti al centro. Ho cercato di lavorare sui non detti, a quello che questi due personaggi si sono detti, magari, solo attraverso gli sguardi”.
Greta Scarano che nella serie è Ilary Blasi commenta così tutta la ‘normalità familiare’ del personaggio che interpreta: “Ho sentito molto l’emozione del commiato così struggente di Totti. L’ho vissuto come se fosse un dramma shakespeariano, che chiede ad un uomo che è all’apice della sua carriera di andare via. È stato eccezionale interpretare la donna che gli stava accanto in quel momento, che non ha avuto paura di dirgli quello che pensava. All’interno delle mura domestiche di quella famiglia e nell’immagine di Ilary madre e moglie ho trovato tanta normalità”.
Monica Guerritore è Fiorella, la madre di Totti, che gli sta sempre accanto con tutta la passione di una madre. “Non ho mai incontrato la vera Fiorella – racconta – ho avuto solo modo di vedere di lei alcuni momenti registrati. Ho trattato il personaggio con la mia immaginazione, compiendo un viaggio in una famiglia normale, romana, popolare, che ama il proprio figlio e soffre terribilmente nel vedere che lui soffre”.
Giorgio Colangeli interpreta Enzo, il padre di Totti recentemente scomparso: “Un personaggio tipicamente romano, il marito e il padre tipico, apparentemente assente, ma con una sua presenza fatta di silenzi, di ascolto, di attenzione. Che con poco riesce ad essere efficace e dire quello che serve. Sono convinto che la famiglia di Francesco sia una parte importante della sua storia, sono sicuro che nei suoi confronti sarebbe stata la stessa anche se avesse fatto un lavoro normale come l’impiegato del catasto. Il fatto che Francesco sia riuscito a reggere la straordinarietà della sua vita è anche frutto di tutta la normalità che gli è stata offerta dalla sua famiglia, che in un certo senso lo ha salvato”.
Speravo de morì prima – La serie su Francesco Totti è prodotta da Mario Gianani per Wildside, del gruppo Fremantle, con Capri Entertainment di Virginia Valsecchi, The New Life Company e Fremantle.
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