Totoro, il peluche che salvò Miyazaki


Il mio vicino TotoroTotoro ce l’ha fatta. Dopo 21 anni d’attesa arriva finalmente in sala un classico dello Studio Ghibli ancora inedito in Italia, Il mio vicino Totoro di Hayao Miyazaki. Ha deciso di distribuirlo la Lucky Red dopo il successo di critica di Ponyo sulla scogliera, l’incantevole cartone con protagonista una pesciolina che sogna di diventare bimba, presentato alla scorsa Mostra di Venezia. E se il botteghino e le vendite della versione home video daranno ragione alla scelta fatta, non è escluso che potrebbero arrivare in Italia anche altri importanti titoli del catalogo Ghibli.

Una tenera favola per bambini – ma, come tutto ciò che porta la firma di Miyazaki, adatta a tutti – ambientata nella campagna intorno a Tokyo dove si trasferiscono due sorelline, di undici e quattro anni, in attesa che la madre venga dimessa dal vicino ospedale. Vivono col padre, uno studioso sempre pronto a trovare spiegazioni rassicuranti su quanto di strano accade loro nella nuova abitazione.

Lì le bambine scoprono un mondo abitato da creature fantastiche. All’inizio è la volta dei Nerini del Buio, spiritelli della fuliggine che occupano le vecchie case abbandonate e sono visibili solo agli occhi dei bambini. Le stesse creature Miyazaki le ha poi riprese anche nella Città incantata. Ma l’incontro più straordinario è quello con Totoro, un’enorme e buffa creatura pelosa, grigia e morbida, che sembra l’incrocio tra diversi animali. Un po’ gufo e un po’ gatto, Totoro è lo spirito buono che custodisce la foresta, colui che porta il vento e la pioggia, fa crescere le piante e vederlo, spiega loro il padre, è un privilegio straordinario.

Ma Totoro è anche il simbolo dello Studio Ghibli, da quando inaspettatamente la vendita dei peluche e di tutto il merchandise legato al film – che nonostante l’entusiasmo della critica deluse le aspettative al botteghino giapponese – fu in grado di coprire il deficit nei costi di produzione degli altri film dello Studio. Erano i primi anni per la società fondata da Miyazaki, che si era data l’obiettivo non facile di produrre solo film di alta qualità artistica. Più un’organizzazione creativa che un’impresa a scopo commerciale, lo Studio, senza l’intervento provvidenziale di Totoro, era sul punto di chiudere. E negli anni Totoro è diventato un personaggio così popolare in Giappone che gli è stato addirittura dedicato il nome di un asteroide e spesso viene citato in opere di altri autori.

GattobusIl mio vicino Totoro è un susseguirsi delizioso di immagini che sono un inno alla natura e alla fantasia, ma strizzano anche l’occhio ai valori familiari e al rispetto per gli anziani. Tant’è che uno dei personaggi, la Nonnina, cioè la vicina che si prende cura delle bambine in assenza del padre, non ha un vero e proprio nome ma rappresenta l’archetipo del vecchio da rispettare, che cura e trasmette tutti gli insegnamenti ai più giovani.

E non si distinguono per l’intero film i piani della realtà e del sogno: ad esempio la notte dell’arrivo di Totoro nel giardino di casa, alcuni semi appena piantati crescono fino a diventare un albero colossale, che il giorno dopo sparisce e lascia il posto a dei normalissimi germogli, lasciando alle bimbe il dubbio che nulla sia realmente accaduto. Così come potrebbe non essere mai avvenuto l’incontro con Gattobus, un autobus a forma di gatto a dodici zampe, che permette di raggiungere qualsiasi destinazione si desideri. Solo una cosa di certo accadrà: il 18 settembre anche il pubblico italiano potrà essere conquistato dal musetto peloso di Totoro.

autore
27 Agosto 2009

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