“Totò stordiva la povertà e confondeva la tristezza, è la medicina giusta in tempi di crisi, senza effetti collaterali perché oltretutto non è mai volgare”. E’ un autentico inno al principe De Curtis, quello di Alessandro Siani, il comico napoletano che Aurelio De Laurentiis ha scelto come testimonial per Totò in 3D, restauro del primo film tridimensionale del cinema italiano, Il più comico spettacolo del mondo, firmato da Mario Mattoli nel ’53. Una colorata e libera parodia del kolossal di un anno prima sul mondo circense (Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. DeMille) dove il principe della risata è Tottons, un clown sfruttato dal cinico padrone che nasconde un segreto di famiglia (incontrerà anche la mamma, naturalmente Totò in versione femminile) tra domatori ubriaconi, trapezisti sfortunati e belle acrobate. Compresa una parentesi in un coiffeur pour dames in cui Totò dà il meglio di sé con permanenti, colorazioni e massaggi. La tecnica tridimensionale, realizzata all’epoca con due macchine da presa che filmavano la visione dell’occhio destro e dell’occhio sinistro, è notevole e provoca spesso lo spettatore, gettando fiori, secchiate d’acqua e schizzi di selz verso la platea.
Spiega Pasquale Cuzzupoli, che ha coordinato il lungo e laborioso restauro per Cinecittà Digital Factory: “Il film è realizzato in Podelvision, dalle iniziali dei cognomi di Carlo Ponti e Dino De Laurentiis, una tecnica che è antesignana del 3D digitale. Era molto costosa e per questo all’epoca non ebbe successo anche perché richiedeva per la proiezione un silver screen e due proiettori, oltre all’uso degli occhialini, che a molti davano fastidio e non erano sofisticati come ora”. Ricorda però Liliana De Curtis di come suo padre fosse “entusiasta di questo esperimento, come lo era stato del colore: amava tutto quello che era nuovo e importante nel cinema”. Per Aurelio De Laurentiis questo restauro non è un’operazione scaltra per cavalcare una moda. “Stiamo via via restaurando la library di famiglia e questo film finora mi era sfuggito, ma quando l’ho notato, gli ho dato la precedenza su altre opere del grande comico che non considero napoletano ma mondiale, al livello di Chaplin“. Il patron della Filmauro racconta che il progetto ha fatto gola anche a Cannes e Venezia, ma Roma se l’è aggiudicato – tra gli Eventi speciali – perché solo ora era pronto, dopo un anno e mezzo di lavorazioni. “Non voglio sfruttare l’effetto festival e uscire ora, anche perché ci sovrapporremmo ai film nuovi. Penso a un’uscita a maggio, quando la stagione sarà meno affollata, sentirò cosa ne pensano gli esercenti, altrimenti andremo su Sky 3D”. Non manca una venatura polemica: “Sono disponibile a presentarlo alla grande, a stamparne 300 copie, ma ho bisogno degli esercenti, sono loro che decidono la vita e la morte di un film”. E propone al ministero della Pubblica Istruzione di proiettarlo per le scuole: “Totò dovrebbe essere materia di studio per i giovanissimi”.
E’ commossa Liliana De Curtis, che ha appena rivisto suo padre sul grande schermo: “Mi sembrava che mi venisse addosso, quasi lo toccavo”. Anche lei è convinta che Totò sia tutt’altro che local. “Ha unito l’Italia del Nord e quella del Sud, non parlando mai in dialetto. Amava debuttare a Firenze, a Milano ha avuto successi incredibili a teatro”. Per Siani, Liliana è una sorella. “Perché noi comici siamo tutti figli di Totò, che passando dal bianco e nero al colore al 3D è lo Steve Jobbs della risata. Ricordo mio padre, operaio all’Alfa Romeo, che tornava a casa dopo turni massacranti di lavoro e si metteva a ridere davanti ai suoi film. Anche nella nuova commedia, Benvenuti al Nord, c’è il sapore di Totò e Peppino che arrivano a Milano”.
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