TORINO – Registi e compositori. Figure artistiche misteriose che spesso hanno saputo unire i propri talenti in sodalizi che hanno cambiato, al tempo stesso, la storia del cinema e della musica. Nel documentario La musica negli occhi scritto e diretto da Giovanna Ventura con la collaborazione di Isabella Pomi, a essere analizzato nei minimi dettagli è il rapporto straordinario che legò da una parte Nino Rota e Federico Fellini, dall’altra Armando Trovajoli ed Ettore Scola: due coppie che hanno regalato una quantità spropositata di capolavori al nostro cinema.
Prodotto da Rai Cultura e presentato al 42° Torino Film Festival, il film si avvale dei contributi di grandi maestri contemporanei come Franco Piersanti e Stefano Bollani, del professor Emilio Sala, dell’attore e regista Sergio Castellitto, di Silvia Scola e di Mariapaola Trovajoli, per andare a fondo nel legame mistico tra immagine e musica.
Domenica 1 dicembre La musica negli occhi andrà in onda alle ore 11.15 su Rai Movie. La programmazione del documentario su Rai Movie sarà preceduta alle ore 7:20 dal film Una giornata particolare di Ettore Scola, con musiche di Armando Trovajoli e alle ore 9:10 da Roma di Federico Fellini, con musiche di Nino Rota.
Giovanna Ventura, da dove nasce il bisogno di realizzare questo documentario?
Questo film è una celebrazione ulteriore dell’importanza della colonna sonora, che può essere determinante per il successo del film. Ci sono alcuni casi, sia nel panorama del cinema internazionale che nel nostro, in cui tra regista e compositore, oltre che un bel rapporto artistico, accade anche un vero e proprio incontro d’anime gemelle. È quello che è successo a Sergio Leone ed Ennio Morricone, e alle due coppie che ho amato tantissimo e che ho voluto raccontare: Rota e Fellini, Trovajoli e Scola. Perché tra di loro è nato un rapporto speciale, e quando c’è questa magia nascono solo grandi capolavori, dove musica e immagine si fondono a creare quello che il maestro Piersanti ha definito in una delle mie testimonianze ‘un unico fotogramma sonoro’.
Secondo lei, la colonna sonora è un po’ sottovalutata nella percezione del film?
Forse sì. Mi ha sempre colpito una frase di Roger Ebert, che scrive: “potrei vedere i film di Fellini alla radio”. All’inizio mi sembrava un po’ offensiva nei confronti del genio del grande Fellini. Poi ho riflettuto e ho capito cosa volesse dire: nella musica di Nino Rota, c’era una fusione tra colonna sonora e immagine così potente ed evocativa che si poteva sentire solo la musica e le immagini apparivano.
Sono quasi relazioni sentimentali più che professionali.
Il rapporto tra Fellini e Rota è stato quasi mistico. Fellini disse che fu un incontro predestinato, l’incontro di due temperamenti e due creature che dovevano incontrarsi. Quello tra Scola e Trovajoli era un incontro di grande amicizia e d’amore. La musica negli occhi, appunto, perché questi grandi maestri, che hanno scelto di dare il loro lavoro al cinema, avevano la musica oltre che nella testa e nel cuore, anche negli occhi. Nasceva proprio dalla lettura attenta delle sceneggiature, dall’osservare il set, il movimento degli attori, l’emozione del regista, vedere lo scorrere della pellicola in moviola. Dal tanto tempo trascorso insieme.
Tra le testimonianze più significative c’è quella di Sergio Castellitto. Perché ha scelto proprio lui?
Castellitto è stato il testimonial per Scola e Trovajoli perché ha sempre dichiarato il suo grande amore per Scola. È stato il suo più grande maestro. Racconta sempre che quando ha recitato ne La famiglia, per la prima volta, è stato ‘diretto’. C’è un episodio che racconta nel film, quando Scola gli disse non di guardare, ma di ricordare. Una lezione di cinema straordinaria, tra le più importanti della sua vita. Forse non avrebbe fatto questo lavoro se non fosse stato per questo grande maestro. Ricorda anche quante volte Trovajoli andasse sul set per capire l’anima del film.
Poi c’è Stefano Bollani, che ci regala delle piccole ma evocative performance.
Stefano Bollani lo ringrazio e lo ringrazierò sempre per la sua generosità. Ha accettato immediatamente di partecipare. Ha capito subito lo spirito del film, che era un omaggio al cinema e alla musica. Oltre a raccontare, ha eseguito dei brani al pianoforte e ha dato delle interpretazioni straordinarie, una lettura puntuale di tutti i vari temi di 8 1/2, mettendoli a punto uno per uno e sottolineandone la capacità evocativa.
Spiega come ogni momento musicale avesse il suo significato preciso, che non poteva prescindere da una visione artistica totale.
Musiche e immagini vanno insieme, non sono una al servizio dell’altro. Lo ha raccontato anche per Brutti sporchi e cattivi, così come per Amarcord, riguardo a cui ha raccontato questo episodio delizioso. Lui aveva sentito prima la musica, che era stata bellissima, tanto che quando ha visto il film ha pensato: era proprio questo il film che Fellini doveva fare per questa musica.
Quando lo sposalizio tra musica e cinema è perfetto, non si può capire quale venga prima e quale dopo.
Scola diceva che cinema e musica non si possono separare, vanno insieme, non sono complemento uno dell’altro. Lui e Trovajoli avevano un rapporto strettissimo, fatto di impegno sociale, vita quotidiana, gioco, ironia. Basti vedere tutti i disegnini che Scola faceva sulle partiture di Trovajoli. Un rapporto molto facile da spiegare, come dice Castellitto. L’incontro di due geni.
Ci sono tanti filmati d’archivio che ci mostrano momenti speciali della produzione creativa di questi quattro personaggi. Che tipo di ricerca ha fatto?
Amo la ricerca d’archivio. Questo è il mio quarto docufilm, tutti fatti con grandi ricerche d’archivio. È stato un lavoro immenso iniziato due anni fa. Devi avere le idee chiare, sennò ti perdi, non ricavi nulla, perché è un patrimonio culturale immenso. Il problema è stato togliere. Grazie ai miei collaboratori abbiamo scoperto qualche chicca, ad esempio dei frammenti di Fellini in moviola con Rota. Sono due frammenti di una pellicola, che sono straordinari come testimonianza di questo lavoro corpo a corpo. Qualcosa che Castellitto ha definito ‘artigianato dell’animo’.
Fellini con troppa modestia si diceva ignorante in ambito musicale. Bello come il documentario finisca con il riferimento a Prova d’orchestra. Quasi un omaggio di Fellini all’amico Rota.
Fellini era rinomatamente un grande bugiardo. Questa famosa sua amusia era falsissima. Aveva una grandissima conoscenza musicale, ma faceva parte del suo personaggio dire che la musica gli facesse paura. Gli sembrava che la musica fosse un luogo perfetto dove solo una creatura angelica come Rota sa muoversi. Disse a Rota che stava facendo un ‘filmetto’: era Prova d’orchestra. Purtroppo fu l’ultimo di Nino Rota, la cui scomparsa fu davvero drammatica per Fellini.
Il Sottosegretario alla Cultura si è complimentata con i vincitori del 42° Torino Film Festival
I premi principali del 42° Torino Film Festival sono andati a tre film che parlano di maternità: oltre all'opera del regista belga Wannes Destoop, sono stati premiati il tedesco Vena e il tunisino L'aiguille
Waltzing with Brando, scritto e diretto da Bill Fishman, è il film di chiusura del TFF42, che lo ospita in anteprima mondiale, alla presenza del protagonista e del suo regista: “Per Ultimo tango a Parigi volevamo rendere onore a Vittorio Storaro e Bernardo Bertolucci”
Il dramma diretto da Abdelhaimid Bouchnack è incentrato sulle conseguenze della nascita di un bambino intersessuale in una famiglia tunisina. Al corto italiano Due Sorelle il Premio Rai Cinema Channel