Giuseppe Tornatore è stato stasera protagonista di uno degli Incontri Ravvicinati della Festa di Roma, un appuntamento che ha permesso al regista di raccontarsi, non attraverso il suo cinema, ma con la selezione di 8 titoli del cinema Noir di sempre.
La fiamma del peccato (1944) di Billy Wilder, che “ho incontrato una volta” ha detto Tornatore, “e a cui ebbi l’occasione di chiedere dettagli sulla scena in cui la macchina, infilate le chiavi e ruotate, non parte, una dinamica che il pubblico si aspetta sempre. Mi raccontò che provò la scena, ma non era soddisfatto, addirittura terminò in anticipo la lavorazione della giornata per quel motivo. Andando a casa, nel parcheggio, la sua macchina non partì e lì capì la tensione che mancava alla sua scena, tanto che ammise avrebbe voluto tornare subito sul set a girarla: questa scena poi è stata usata migliaia di volte nel cinema, ma da lì tutto è iniziato. Questa è la lezione della vita quotidiana che a volte ti fa sfiorare cose straordinarie per la scrittura cinematografica”.
Stesso anno per il secondo film scelto da Giuseppe Tornatore, La donna del ritratto (1944) di Fritz Lang. “Sarei in crisi se dovessi scegliere tra il Noir di Wilder e quello di Lang: Wilder sa fare tutto, Lang sa fare questo genere”, ha continuato. “Il finale di questo film fu un po’ controverso nel giudizio dei critici: il suicidio era un sogno, realizzato straordinariamente, il bianco e nero l’ha reso più efficace perché la scala dei grigi appiattisce dettagli che altrimenti non avrebbero permesso fosse un’idea straordinaria”.
Astratto da un titolo specifico, Tornatore ha anche riflettuto come “La bellezza del Noir è anche la similitudine dei soggetti, ma al tempo stesso la peculiarità dei differenti modi di raccontare, per questo non è mai esaurita la passione per il genere, per questo forse rimane uno dei più amati da tutti. Dobbiamo ringraziare la Nouvelle Vague, per aver capito come dietro questo cinema di genere ci sia l’arte”.
Ed è così giunto il momento de Lo specchio scuro (1946) di Robert Siodmak, “Un regista considerato sempre ‘di opere commerciali’, ma poi alcuni suoi film sono stati analizzati in maniera più profonda: l’ho scelto per il tema del doppio, fondamentale nel Noir. È un film con un finale coraggiosissimo, perché non soddisfa solo la curiosità di un pubblico pagante: lascia il dubbio profondo fino alla fine. E poi ha effetti speciali che oggi fanno tenerezza, ma stupiscono pensando al periodo, con soluzioni interessanti”.
Dieci anni indietro per un adattamento di Delitto e castigo di Dostoevskij: Ho ucciso! (1936) di Josef von Sternberg, un regista anche lui fuggito dal Nazismo negli Stati Uniti d’America. “Un film che tutta la critica riconosce di non grande valore” ha ammesso Tornatore. “Se paragonato allo scritto di Dostoevskij non è memorabile, ma se si supera questo complesso di inferiorità del cinema rispetto alla letteratura, il film ha idee di regia formidabili, che film Noir grandiosi non hanno avuto altrettanto”.
Considerato il più grande Noir di tutti i tempi, il regista siciliano ha scelto poi Le catene della colpa (1947) di Jacques Tourneur, “Anche questo, come la maggior parte dei film del genere, è stato riscoperto nel tempo: non so se sia il miglior Noir di sempre, ma il regista è interessante, questo è di certo il suo miglior film. Ho sempre amato parecchio i dialoghi molto letterari di questo film: battute incisive, senso epidittico, che mi ricordano certi Western successivi, dello stesso Sergio Leone”.
Dal Western, si potrebbe dire, al Polar, il Noir francese, con Il buco (1960) di Jacques Becker, un film con “Uno stile completamente differente, quello francese: sin da quando ho visto il film da ragazzo ne sono stato legato, forse perché amo molto le storie che ruotano intorno ad un oggetto, qui un periscopio costruito con uno spazzolino e un pezzetto di specchio. Un oggetto apparentemente inutile, poi motore della storia, un Noir molto colto”.
Come colto è il processo del restauro dei film e tra quelli scelti da Tornatore, inconsapevole però della concomitanza, un restauro portato alla Festa di Roma da Martin Scorsese, Detour (1945) di Edgar G. Ulmer, dove per il nostro autore premio Oscar: “C’è qualcosa di speciale: è leggendario perché girato in pochi giorni, 7 giorni. Forse non sono stati 7 davvero ma di certo non molti di più: vedendo il film la leggenda si sente avere un fondamento, perché è un po’ scalcagnato, ma a dispetto di ciò ha una storia incredibile”.
E infine arriva il colore, ma senza cambiare genere, per un film che fa porre il punto interrogativo sull’appartenenza al Noir, ma che Giuseppe Tornatore racconta come per lui imprescindibile, anzitutto per un’esperienza personale del suo lungo rapporto con il cinema. Il delitto perfetto (1954) di Alfred Hitchcock, “Ha diritto di rientrare nella categoria del Noir anche se questo può essere in disaccordo con gli studiosi: non potevo non citarlo, gli sono molto legato; avevo 15 anni, facevo il proiezionista, l’ho visto 8 due volte in due giorni di proiezioni: rimasi folgorato dalla figura dell’ispettore nel finale, che non fa l’ispettore per me, ma fa ‘il regista’, perché spiega come un regista, come un regista cerca di essere efficace, essenziale, ha voglia di far capire. Più che un delitto perfetto, una geometria perfetta”.
Shirin Neshat, esponente dell’arte visiva contemporanea, iraniana naturalizzata newyorkese, ha presentato alla Festa di Roma, nell’ambito del progetto Videocittà, il suo ultimo film: Looking For Oum Kulthum, un ennesimo incontro tra Oriente e Occidente, tra ritratto e autoritratto, con protagonista una donna, un’artista, una leggenda musicale egiziana
Miglior film Jellyfish di James Gardner, una storia d'identità e desiderio di fuga; premio speciale della giuria Ben is Back di Peter Hedges con Julia Roberts e Lucas Hedges; miglior attore Thomas Blanchard per The Elephant and the Butterfly di Amelie Van Elmbt
"Questo film contiene un desiderio - ha detto De Angelis commentando il premio vinto alla Festa di Roma - ed è il desiderio di fare un regalo a chi lo guarda"
Il colpo del cane di Fulvio Risuleo, prodotto da TIMVISION Production e Revok Film, è stato annunciato ad Alice nella città. Nel cast Edoardo Pesce, Silvia d’Amico e Daphne Scoccia, oltre a una partecipazione di Anna Bonaiuto