Un’interpretazione superlativa, quella di Margot Robbie in I, Tonya, biografia della pattinatrice Tonya Harding, protagonista nel 1994 di uno dei più grandi scandali sportivi della storia americana, di poco precedente a quello di O.J. Simpson. Il film di Craig Gillespie, molto applaudito alla Festa di Roma, parte quasi come un documentario con interviste (mentre sui titoli di coda scorrono le immagini dei reali protagonisti della storia) proprio per aumentare il senso di veridicità del tutto. Quasi una parola definitiva sulla controversa vicenda che coinvolse l’atleta, accusata di aver contribuito a mettere fuori gioco la rivale Nancy Kerringan con metodi tutt’altro che ortodossi. E nel forte impatto realistico un ruolo di primo piano è proprio nell’interpretazione da brividi dell’attrice vista in The Wolf of Wall Street (qui anche produttrice della pellicola). “Quando mi hanno mandato il copione – spiega il regista Gillespie – sapevo già che lo avrebbe interpretato Margot Robbie: immaginarla nel ruolo di Tonya Harding mi ha subito entusiasmato. E dopo aver letto la sceneggiatura di Steven Rogers non avevo più dubbi: la storia era raccontata con grande maestria, in perfetto equilibrio tra emozione e ironia, e aveva una struttura narrativa assolutamente non convenzionale che riusciva ad essere al tempo stesso rigorosa e avvincente. Non era facile trovare il registro giusto, ma ero sicuro che Margot ci sarebbe riuscita. In altri film l’avevo vista muoversi con naturalezza tra ironia, vulnerabilità e forza, elementi che incarnavano alla perfezione il mondo di Tonya”.
Ma andiamo con ordine. Tonya Harding, uno straordinario talento naturale tanto da essere stata la prima atleta americana ad aver eseguito il difficilissimo triplo salto axel, era venuta su in una famiglia di contadini dell’Oregon: il padre se ne era andato ben presto e la madre non aveva fatto altro che maltrattarla, con insulti e botte, adducendo a pretesto di volerla temprare per farne una campionessa. Sui pattini dall’età di tre anni, quella ragazza insicura aveva osato sfidare le principesse del pattinaggio artistico nonostante il suo cattivo gusto musicale, i costumi che si cuciva da sola e l’aria da perenne maschiaccio.
Il film ricostruisce in modo esauriente la favola nera della Harding durante gli anni ’90 – un periodo a cui la colonna sonora rende omaggio al meglio – e ci mostra il suo lato nascosto: il rapporto disfunzionale con la madre e quello altrettanto patologico col marito, che la pesta di botte e riesce a sabotarne le vittorie sportive. Fino a un finale davvero eclatante: l’amica e rivale Nancy Kerringan viene colpita al ginocchio da uno sconosciuto e deve rinunciare alle gare. L’indagine dell’Fbi individua il mandante dell’aggressione proprio nel marito di Tonya, insieme a un altro balordo, ma lei stessa viene coinvolta nel processo ed esclusa a vita dal pattinaggio. E non riveliamo dettagli della trama perché la vicenda è incisa nella storia dello sport.
Per quanto riguarda le belle scene sportive, è ancora il regista a raccontare come abbia lavorato insieme alla coreografa Sarah Kawahara. “Dovevamo capire che cosa avrebbe potuto fare Margot e che cosa avremmo dovuto invece affidare a una controfigura. Margot si è allenata per quattro mesi e ha fatto un lavoro straordinario, ma ovviamente pattinare a un livello olimpico è un’altra cosa. Sarah ha subito detto che non avremmo trovato nessuna in grado di eseguire un triplo axel: ci sono solo sei donne al mondo che l’hanno fatto. All’epoca, due di loro si stavano allenando per le prossime olimpiadi e non potevano rischiare un infortunio. Sono rimasto sbalordito dalla difficoltà dell’esercizio: Tonya è riuscita a eseguirlo 25 anni fa e da allora sono state in poche ad eguagliarla. Alla fine abbiamo dovuto ricorrere agli effetti speciali”.
Emozionante vicenda sportiva, film inchiesta, ritratto lacerante e al tempo stesso ironico di una giovane donna maltrattata, I, Tonya mette in discussione il mito americano del successo alla portata di chiunque abbia talento. Tonya, che non riesce mai a ottenere il giusto riconoscimento dai giudici di gara perché, al di là delle doti atletiche, viene giudicata troppo poco femminile ed elegante, così come non riuscirà mai a liberarsi da un destino segnato dal contesto in cui è cresciuta, la sua famiglia è troppo lontana dall’immagine di sana famiglia americana che sta tanto a cuore al mondo del pattinaggio artistico.
Ottimo tutto il cast, con Allison Janney nel ruolo della madre cattiva fino all’ultimo, che le è valso una tripletta (Golden Globe, Independent Spirit Award e Oscar) e Sebastian Stan in quello del marito violento ma seducente, Julianne Nicholson nel ruolo dell’allenatrice. Il film prodotto dalla Miramax, ha vinto al Festival di Toronto il First Running Up, è uscito in sala in America l’8 dicembre mentre in Italia viene distribuito da Lucky Red a partire dal 29 marzo.
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