Se di artiste “rapinate” della loro opera da padri e partner rapaci la storia dell’arte purtroppo abbonda, da Artemisia Gentileschi a Camille Claudel, la vicenda di Margaret Keane ha qualcosa di ancor più esemplare ed eclatante. Perché nasce nel XX secolo, in una società dello spettacolo e della riproducibilità tecnica e si fonda (anche) sulle straordinarie capacità di marketing del plagiario, Walter Keane, secondo marito della pittrice degli occhi grandi e suo “carceriere”: per una decina d’anni infatti la costrinse a dipingere a ritmi forsennati mentre lui si attribuiva la paternità di quei quadri, riprodotti e venduti anche nei supermercati, e se la spassava tra gallerie d’arte, vernissage e talk show televisivi.
La storia – autentica – ha ispirato a Tim Burton, che da sempre è un ammiratore delle inconfondibili opere della pittrice americana, a cui in passato chiese anche di fare il ritratto della sua compagna Lisa Marie. “Mi ha sempre affascinato il kitsch – ha spiegato il regista in un’intervista – il kitsch anni ’50-’60, quello della provincia americana, i tempi e i luoghi della mia infanzia. L’ho celebrato in film come Ed Wood e Edward mani di forbice“. E sono stati proprio i due sceneggiatori di Ed Wood (film che ha molto in comune con questo Big Eyes), Scott Alexander e Larry Karaszewski, a proporgli questa storia, che inizialmente avrebbero dovuto dirigere loro e di cui Burton sarebbe stato soltanto produttore. I due ci lavorano da una decina d’anni, hanno incontrato più volte Margaret Keane per farsi raccontare la sua vita. “Margaret – spiega Karaszewski – ci sembrava uno straordinario personaggio femminile, che in qualche modo incarnava lo spirito del nascente movimento femminista. All’inizio è una qualsiasi casalinga degli anni ’50, nel corso della storia imparerà ad essere se stessa”.
All’inizio la remissiva Margaret (Amy Adams, bionda quasi hitchcockiana), lascia di gran fretta il primo marito insieme alla figlia per trasferirsi in California. Ha con sé soltanto una valigia e qualche quadro, più che altro ritratti della bambina con le pupille sgranate, che già contengono il germe del suo stile, quello che ha irresistibilmente attratto Tim Burton, cantore di personaggi altrettanto tristi, abbandonati o respinti e di un’infanzia per definizione infelice. Margaret si rifugia a San Francisco e lì, cercando di vendere i suoi ritratti un dollaro l’uno per strada, incontra Walter Keane (Christoph Waltz, sempre più psicopatico), anche lui pittore. In breve si sposano e lui comincia a spacciare le creazioni della moglie per sue, sfruttando anche una popolarità creata ad arte con la complicità di un giornalista di gossip. Ai timidi tentativi di ribellione della consorte, risponde prima con vaghe rassicurazioni, poi con minacce a cui la donna riuscirà a ribellarsi solo molti anni dopo, lasciandolo per trasferirsi alle Hawaii e raccontando pubblicamente come stanno le cose alla radio, dopo essere diventata Testimone di Geova. La lite finirà in tribunale, dove Margaret dimostrerà con i fatti di essere l’unica artista della famiglia, dipingendo di fronte al giudice una delle sue creature in 53 minuti, mentre il marito non prenderà neppure il pennello in mano, con la scusa di un dolore alla spalla.
Margaret Keane oggi ha 86 anni e continua a dipingere. Appare anche nel film, è la vecchietta seduta su una panchina sullo sfondo e sta leggendo la Bibbia.
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