‘The world to come’, un amore al femminile dall’Ottocento a oggi

‘The world to come’, per apprezzare la storia del gender femminile


VENEZIA – Gennaio 1856. Stato di New York. Un bosco ghiacciato. 

Una coppia, Abigail – Katherine Waterston e Dyer – Casey Affleck (anche produttore), vivono la loro isolata e contadina quotidianità nel silenzioso dolore, “sono diventata il mio dolore” ripete lei, a seguito della mortale difterite che le ha tolto la bimba Nellie, cinque anni. 

Unico slancio vitale della donna, il desiderio di comprarsi un atlante, metafora simbolica del racconto, dal romanzo di Jim ShepardThe world to come, anche titolo del film in Concorso, diretto dalla norvegese Mona Fastvold: “Ho ricevuto la sceneggiatura dal produttore e mi ha colpito molto quanto bello fosse il dialogo, poi mi hanno promesso che avrei potuto renderla mia”. 

Il film, con discrezione, passione, in punta di piedi, e con veemenza laddove necessaria, mette in scena il vivere vite che non sono la propria interiore: Abigail, infatti, stringe un sentimento con Tallie – Vanessa Kirby, rossa dall’angelico volto algido, affascinante neo vicina di casa, che con il marito ha invece un rapporto di teso dissentire: “Dal punto di vista di Tallie, è stato meraviglioso il ruolo di una persona che non aveva restrizioni, molto dinamico. Chissà cosa avrebbe potuto fare in un altro tempo. È stato bello scoprire queste due donne e il loro momento insieme. Ho molta fiducia nella possibilità di raccontare storie di donne. The world to come è un bellissimo titolo perché è un lascito a noi donne del presente. Questo film ci aiuta ad apprezzare la storia del nostro gender femminile, per quello che hanno fatto le donne del passato, grazie a cui noi, oggi, possiamo fare altro. Sono ruoli difficili da affrontare, ma spero potrò farne ancora in futuro”. 

“Per il loro rapporto, ho cercato di raccontare la storia come una celebrazione, qualcosa di molto gioioso. È molto bello riuscire a sperimentare questo tipo di storie. Avevamo questo testo bellissimo, e molto del linguaggio usato è ‘in codici’: ci sono molte cose che non possiamo dire a voce, e con il cast abbiamo spesso dovuto discuterne per poi tornare in scena”, spiega la regista.

“Poco si sa delle storie omosessuali della ‘working class’, il film – con l’isolamento dal giudizio della comunità – credo sia stata una bella idea. Spesso abbiamo sentito un senso di sollievo per il racconto possibile nel modo più schietto possibile. Ci sono stati momenti di scoperta: è un po’ come Shakespeare, una continua scoperta. Dopo aver letto qualche riga di sceneggiatura volevo fare quel personaggio: ho la pelle d’oca a ripetere le sue parole, lei sa che la sua vita non supererà mai la fattoria, ciò che lei desidera è essere qualcosa che ha, la conoscenza, ma anche dare il piacere. Lei conosce i propri limiti ed è stato interessante sviluppare un personaggio con questa consapevolezza. Le due donne sono un salvagente l’una per l’altra. La sceneggiatura è impressionante, sofisticata, per l’esplorazione del personaggio: non c’è un unico modo di relazionarsi, tutte le sfumature hanno un peso”, spiega l’attrice Katherine Waterston, il cui personaggio s’intreccia non poco con quello di Affleck, che “porta vulnerabilità in tutta la sua performance: non c’era nel libro, ma in sceneggiatura sì, e io ho cercato di accentuarla, così ‘il viaggio’ di Abigail è forse reso ancor più complesso dal suo cercare di essere di supporto a lei”, spiega la regista. 

Una convincente storia di mortificazione e di passione, di progresso, in cui una più volitiva Tallie e una timida ma conscia Abigail intrecciano il loro sentimento, pur nelle maglie della predeterminata vita di coppia di fine Ottocento nelle campagne americane, con uno sguardo, quello donato da Mona Fastvold, fiero e dolcemente erotico, nell’unica sequenza esplicita del film, collocata – con un montaggio dissolto – non a caso su un letto di morte: “La scena intima non era prevista in originale, l’ho voluta io e volevo fosse molto veritiera, e la collocazione in quel punto mi consentiva di restituire ciò che volevo, la sensazione che fosse proprio un evento privato”. 

Il film è stato girato in Romania in 24 giorni, con pellicola 16mm

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