Creata da Seth Rogen ed Evan Goldberg, la nuova commedia Apple TV+ in dieci episodi si tuffa senza remore nel caos dell’industria cinematografica, mettendo in scena crisi e rivoluzioni di Hollywood con un cast stellare e un racconto che non fa sconti agli Studi e ai suoi boss, inquadrati tra il ridicolo e il tragicamente realistico. Per dirla alla The Office, ci sono tanti Michael Scott negli studi di Hollywood. Uno, il protagonista, lo interpreta Seth Rogen, un uomo qualunque con il sogno di lasciare un segno nel cinema d’autore, ma costretto a navigare tra le acque torbide di un sistema che premia il denaro sopra ogni cosa.
La storia prende il via quando Griffin Mill, il presidente dei Continental Studios portato sullo schermo da un Bryan Cranston spietato e carismatico, decide di puntare tutto su un franchise basato sul marchio Kool-Aid. L’obiettivo? Superare il successo miliardario di Barbie con un’idea che, a prima vista, sembra assurda: un film sull’iconico omino delle bevande in polvere. Per farlo, Mill non esita a mettere da parte Patty Leigh (Catherine O’Hara), la direttrice dello studio, aprendo la strada alla promozione di Matt. Quest’ultimo, diviso tra la lealtà verso la sua mentore e l’ambizione di guidare lo studio, si ritrova a capo di un progetto che metterà alla prova ogni sua convinzione.
Il colpo di genio arriva quando Martin Scorsese – un cameo straordinario, che vale di per sé la visione della serie – propone una sceneggiatura che trasforma l’idea di Kool-Aid in un dramma sul massacro di Jonestown, con Steve Buscemi nei panni di un inquietante Jim Jones. Matt, con il suo desiderio di conciliare arte e commercio, si lancia in questa sfida, ma ogni passo avanti sembra trascinarlo più a fondo in un vortice di errori e compromessi. Il risultato è una serie che non risparmia nessuno: né i dirigenti ossessionati dal profitto, né i cinefili che si illudono di poter cambiare il sistema dall’interno.
A rendere The Studio un prodotto unico è la sfilata di cammei che offre, tra i quali Charlize Theron, Ron Howard, Olivia Wilde e Anthony Mackie, che giocano con le proprie immagini pubbliche in modo brillante. La serie non si limita a prendere in giro Hollywood: ne celebra anche, in modo sottile, la follia creativa. Un episodio girato in un’unica ripresa, con Matt che semina scompiglio sul set di un film, è un omaggio alla maestria tecnica del cinema, mentre un altro, incentrato sulla sparizione di una bobina, si trasforma in un noir che strizza l’occhio ai classici del genere. Eppure, dietro le risate, c’è una malinconia palpabile. The Studio sembra suggerire che i giorni d’oro di Hollywood siano un ricordo lontano, sostituiti da un’industria ossessionata da IP e profitti, dove anche i pochi sognatori rimasti finiscono per essere triturati dagli ingranaggi del sistema. Matt non troverà redenzione, finendo per diventare il peggior nemico di alcuni dei suoi eroi d’infanzia, tra cui lo stesso Scorsese. La sua lotta è uno spettacolo tragicomico, un riflesso di un’industria che, pur ridicola, conserva un fascino inspiegabile.