Due registri – commedia e tragedia. Due colori – il bianco e il nero. Un titolo frizzante e dal doppio significato – festa e partito politico. E un cast che fa eco a questo umore, all’altezza di una scena che si attua completamente all’interno di un appartamento, rifugio che si trasforma in gabbia. “Volevo che si ridesse ma sul filo del rasoio – ha detto Sally Potter – E’ stato concepito come un film estremamente essenziale, in un bianco e nero privo di effetti speciali, elementi all’apparenza semplici assumono funzione narrativa. Il bianco e nero aiuta perché eliminando i colori rende più facile concentrarsi sull’azione, sulle interpretazioni degli attori e suoi loro volti. La macchina da presa spia tra le ombre e guarda dritto in faccia questi personaggi nel loro momento di crisi”.
Un’estetica, quella del bicolore, operata insieme al direttore della fotografia Aleksei Rodionov, una scelta formale per richiamare una stagione precisa della cinematografia inglese degli anni ’60, che dona al film un accento di eternità fuori dal tempo, nonostante la trama contemporanea; un’eleganza che amplifica al massimo il flusso dei diversi sentimenti, portati all’estremo, che i personaggi in scena provano e manifestano. “Il mio obiettivo è sempre quello di fare in modo che, quando le persone vedono il film, non riescano ad immaginare nessun altro attore in quel ruolo”, ha detto ancora Sally Potter del suo cast.
Interpreti di efficace bravura, sicuramente Kristin Scott Thomas (Janet), nel suo ruolo da neo nominata ministro della salute, ma forse più degli altri Patricia Clarkson (April), adorabile nel suo cinismo senza orpelli, di un pragmatismo capace di suscitare picchi d’ironia sincera, e Bruno Ganz (Gottfried), di lei compagno ma, per complementarietà ad April, con sicuro effetto narrativo e comico, completamente calato in una propria dimensione spirituale da life coach in armonia con l’universo, mosso dal flusso delle emozioni allo stato puro. Di certo la scrittura di tutte le personalità era fondamentale e la Potter riesce a definirla nettamente, come tutta la sceneggiatura, scritta secondo una modalità del tutto personale, come il suo storico produttore, Christopher Sheppard, ha spiegato: “The Party nasce da una prima sceneggiatura sviluppata insieme ad altre. Ha adottato questa tecnica durante gli anni della terapia per combattere il blocco dello scrittore”. Precisa Potter come: “In quel periodo stavo lavorando su sei o sette idee, due di queste sono diventate concretamente sceneggiature”.
The Party si sviluppa tutto in una sola sera: “L’idea è sempre stata quella di realizzare il film in modo che rispecchiasse lo spirito scoppiettante dei dialoghi e dell’azione”, rilancia ancora il produttore, da assecondare pienamente in questa sua affermazione alla luce della visione, che probabilmente si fa così centrata e diretta anche per una durata essenziale che sembra calzare a pennello con il tutto, 71 minuti.
The Party, dopo il passaggio alla Berlinale 2017 dove ha ottenuto il Guild Film Prize, e alla scorsa Festa del Cinema di Roma, arriva in sala dall’8 febbraio, distribuito da Academy Two.
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