CANNES – Sulla Croisette continua il festival dei tabù. Dopo May December che racconta della relazione tra una 36enne e un 13enne, passa in concorso anche The Last Summer (L’Été dernier), film francese che mette in scena la relazione tra una donna matura e il 17enne figliastro. Tratto dal danese Queen of Hearts, il film è stato adattato e diretto dalla regista Catherine Breillat, a dieci anni dal suo ultimo lungometraggio.
Léa Drucker veste i panni di Anne, una avvocata di successo che ci viene subito presentata alle prese con la difesa di una giovane donna vittima di violenza sessuale. Empatica ma decisa nel suo lavoro, Anne è anche madre amorevole di due adorabili sorelline asiatiche adottate e del figliastro adolescente Théo (Samuel Kircher), che il marito (Olivier Rabourdin) ha avuto da una precedente relazione. Il ragazzo vive una fase problematica della crescita, in perenne conflitto con il padre assente. Nel tentativo di farlo entrare al meglio nelle dinamiche familiari, Anne diventa sempre più intima con Théo fino a che non è chiaro che tutto è pronto a degenerare in una relazione sessuale ricca di passione, ma al limite dell’incesto (e della legalità).
“La storia mi ha affascinato fin dall’inizio. – dichiara la regista – Poi sono sempre stata affascinata dall’adolescenza e la protagonista è molto enigmatica. Ho cambiato molto il suo personaggio rispetto all’originale. Qui non è più una predatrice. Devi sempre avere chiaro se i personaggi dicono la verità o mentono. Quando Samuel si innamora, inizialmente non lo capisce, sente solo questo sentimento di felicità. Non analizza quello che succede, fino a quando non diventa lui stesso un predatore”.
The Last Summer mette in scena qualcosa di chiaramente disturbante, che ti fa stare scomodo sulla poltrona fin dai primissimi minuti. La sceneggiatura è scritta, infatti, in maniera così chiara e puntuale che la direzione appare subito prevedibile, così come le terribili conseguenze che rischia la protagonista, non solo dal punto di vista della credibilità professionale, ma anche della stabilità familiare, con le due bambine che rappresentano vistosamente la posta in gioco più alta. Théo in questa equazione è una varabile sconosciuta, una mina vagante che, incapace di gestire le proprie emozioni (come è inevitabile alla sua età), rischia di rovinare tutto definitivamente. C’è poi il personaggio della sorella di Anne, interpretata da Clotilde Courau, moglie del Principe di Savoia Emanuele Filiberto, che rappresenta uno specchio sociale sulla gravità delle azioni di Anne.
“Cercando la chiave per il ruolo ho capito che non dovevo giudicarla o condannarla. – dichiara Léa Drucker – Ho cercato di preparare il personaggio entrando in connessione profonda con Catherine, che vede il modo in una maniera unica, mi ha molto ispirato. La prima volta che ci siamo viste, mi ha fatto vedere un quadro di Caravaggio, L’estasi di Santa Teresa. Sono stata contenta quando mi ha detto che avrebbe girato le scene di sesso concentrandosi sui volti”.
La regia di Breillat valorizza al massimo le interpretazioni dei suoi bravissimi attori con un utilizzo sublime del piano sequenza, o meglio delle inquadrature fisse e lunghe. I dialoghi sono spesso concentrati sulla recitazione di un singolo personaggio, per comunicare esplicitamente le sue emozioni, ignorando quelle dell’interlocutore, così come le scene di sesso sono del tutto prive di montaggio e si focalizzano sul piacere (“l’estasi”) di uno dei due partner. La regista, così, sottolinea il catartico senso di liberazione dell’orgasmo, al termine di un amplesso che porta con sé la terribile ambiguità di un atto così puro e spontaneo e, al tempo stesso, così irrimediabilmente sbagliato.
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