TRENTO – Comunità pastorali la cui sopravvivenza dipendeva dai ghiacciai tradizionali. Poi, negli ultimi 15 anni, le persone della remota e desertica valle montana dello Zanskar non hanno più potuto contare su queste fonti naturali d’acqua: nevicava parecchio in un anno, ma poi non più per i successivi tre o quattro. Piccole stoviglie lavate in un catino, neve diffusa a macchie, animali al pascolo: primissimi piani di acqua che scorre tra lastre di ghiaccio, pelo riccio di bestie da pascolo, occhi preoccupati di esseri umani. C’è una vera e propria necessità di sopravvivenza lì, tra Himalaya e Karakorum, dove lo scioglimento primaverile dei ghiacciai non è più fonte di vita.
Così ritorna il tema, insistente: il cambiamento climatico. Eppure, la popolazione dei ladakhi non sta a guardare – e a far appassire la propria identità – ma si rimbocca le maniche e costruisce ghiacciai artificiali per contrastare la penuria d’acqua e concorrere alla ricarica delle falde acquifere.
Francesco Clerici e Tommaso Barbaro, da un’idea di Andrea Zatta, sono gli autori del doc The Ice Builders, nella sezione Terre Alte, in anteprima italiana a Trento72: a corredo del cortometraggio anche una mostra, The Ice Builders – I costruttori di ghiaccio, che documenta il progetto “Ice Stupa Zanskar” ideato da Trentino for Tibet e in corso di realizzazione a partire dall’inverno del 2022 nella sperduta Valle del Ladakh.
Nell’allestimento fotografico – a cura di Andrea Zatta, Fabio Saitto e Francesco Clerici, presso Sala Thun – Torre Mirana, fino al 16 maggio – si apprende il contesto geografico e ambientale, si conosce la popolazione e, soprattutto, si acquisisce cognizione delle soluzioni che i ladakhi stanno mettendo in opera contro il dramma idrico che sta colpendo quest’area himalayana, a testimonianza che la crisi globale del clima sia un mostro famelico del nostro Pianeta, a cui però si può non soccombere passivamente, cercando di immaginare e creare soluzioni alternative e sostenibili, per curare le nostre terre.
Trentino for Tibet si occupa di sostenere il popolo tibetano in esilio, ormai 24 mesi: ha preso contatti con l’Ice Stupa Project, diretto dall’ingegnere Sonam Wangchuk, e così nasce il progetto “Ice Stupa Zanskar” per la costruzione di un Ice Stupa – a servizio del villaggio di Stongday -, che avviene in quattro passaggi ed è a Impatto Zero, il cui nome deriva da un tipico monumento religioso della spiritualità buddista, di cui richiama la forma conica e allungata.
Tra film e mostra, si raccontano sì la questione climatica e la genialità per la sopravvivenza, ma naturalmente motore e beneficiario del progetto è il popolo, una comunità, quella ladakha appunto, ricca di etnie e culture, principalmente composta da tibetani, che naturalmente riflettono uno spirituale rapporto armonioso con la Natura, in una visione olistica del mondo.
La fotografia di copertina è di Phunchok Mutup Kalyan.
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