The Eichmann Show, quando la verità fa audience

In sala dal 25 al 27 gennaio per il Giorno della Memoria The Eichmann Show Il processo del secolo: così la tv fece conoscere al mondo l'Olocausto


Come riparlare del processo a Adolf Eichmann, il gerarca nazista catturato dal Mossad in Argentina nel 1960 e giustiziato il 31 maggio del 1962? Considerato il processo del secolo, portò all’opinione pubblica mondiale le atrocità compiute in nome della distorta ideologia della “soluzione finale”: la filosofa Hannah Arendt gli dedicò uno dei suoi testi più famosi e controversi, La banalità del male, la cui sofferta stesura è stata di recente ricostruita nello splendido film di Margarethe Von Trotta dedicato alla figura della grande intellettuale tedesca. Ora arriva The Eichmann Show Il processo del secolo, opportunamente distribuito da Lucky Red come evento collegato al Giorno della Memoria, dal 25 al 27 gennaio (il 27 gennaio del ’45 gli alleati liberarono Auschwitz). Diretto da Paul Andrew Williams e scritto da Simon Block si concentra su un solo aspetto, meno risaputo: la trasmissione televisiva delle udienze. Quello celebrato a Gerusalemme nel 1961 fu infatti il primo processo ripreso dalle telecamere e trasmesso in diretta in Israele e in differita nel resto del mondo, in 37 Paesi, tra cui la Germania dove venne seguito dall’80% dei tedeschi.

Fu un produttore americano Milton Fruchtman (Martin Freeman) ad avere l’idea e il presidente di Israele, Ben Gurion, accolse la proposta. Comprese infatti che quella diffusione mediatica senza precedenti avrebbe funzionato da detonatore: i racconti dei sopravvissuti allo sterminio venivano infatti percepiti, anche dagli stessi ebrei e persino in Israele, come poco credibili o eccessivi. Così le testimonianze al processo, insieme alle immagini dei documentari girati dagli alleati che venivano mostrate come prove a carico, riuscirono per la prima volta a far capire che era tutto tragicamente vero. Tutti videro le cataste di cadaveri, le fosse comuni, gli uomini e le donne ridotti a scheletri. “Ovviamente la gente sapeva che qualcosa di davvero terribile era accaduto sotto il nazismo, ma forse per la prima volta l’entità e la portata di quanto era accaduto assumevano un volto, quello dei sopravvissuti”, spiega Freeman. 

Nessuno restò indifferente a quelle immagini. Nessuno tranne il “padre” dell’Olocausto, l’uomo che aveva contribuito con le sue idee, le sue scelte, i suoi ordini, a uccidere 6 milioni di ebrei, ma che durante il dibattimento non mostrava segni di cedimento o commozione, rispondendo agli interrogatori con estrema freddezza e razionalità e respingendo tutti i capi di imputazione. “Eichmann – dice ancora Freeman – era una persona dall’aspetto assolutamente insignificante, che non aveva affatto l’aria di un malvagio. Credo che il processo ci abbia insegnato che le persone responsabili di questi crimini orribili non sono mostri. Parlano, si muovono e spesso pensano in modo simile a noi”.

E’ un aspetto che ossessiona l’altro protagonista di The Eichmann Show, il documentarista Leo Hurwitz (Anthony LaPaglia), che Fruchtman assolda per realizzare la trasmissione nonostante fosse finito nelle liste nere del maccartismo. Hurwitz, che ha la geniale idea di nascondere le telecamere dietro le pareti dell’aula riuscendo così a vincere le forti resistenze dei tre giudici, che temevano una presenza troppo invadente della tv, non stacca gli occhi di dosso dall’uomo Eichmann. Un po’ come Hannah Arendt vuole dimostrare che è un essere umano qualsiasi. Lo osserva, gli tiene le telecamere addosso, in attesa di un crollo. E arriva a perdere il momento in cui un testimone sviene. Un momento che avrebbe provocato un picco di audience. Il film in questo mostra lo scontro tra due visioni del giornalismo tv: il regista Hurwitz cerca la verità, il produttore Fruchtman l’audience e sa di dover battere la concorrenza di eventi mondiali come la missione spaziale di Gagarin e la crisi di Cuba. Due anime che continuano a convivere nella televisione contemporanea, anche se la seconda sembra di gran lunga prevalere.  

  

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22 Gennaio 2016

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