I fascisti italiani diventano protagonisti in Texas ‘46. Lì, nella distesa di Hereford, dal ’43 al ’46, furono tenuti prigionieri gli ufficiali fedeli al regime. Lì, nel fascists’ criminal camp, furono invitati a firmare la fedeltà al Re dopo l’8 settembre. Per coloro che, come il tenente Luigi Manin, rifiutarono di andare con i nuovi alleati, la Convenzione di Ginevra smise di esistere.
Lo racconta un film, diretto da Giorgio Serafini, in uscita venerdì nelle nostre sale. Ma già oggi, sul quotidiano “Il Giornale”, si accende la discussione storico-politica. Giordano Bruno Guerri parla di “guerra civile del 1943-45″ e afferma: “Dico che Texas ‘46 è un film di destra, e non so se Serafini sia di destra, perché la sinistra non può ancora benignamente concedere a nessuno di essere stato fascista”. E ancora: “Texas ’46 è il primo film antimilitarista di destra. Il protagonista che esce peggio da questa storia non è l’ufficiale americano fedele alla democrazia, né quello italiano fedele al fascismo. Il perdente è la fedeltà alla divisa”.
Serafini prima di scrivere e realizzare il film aveva girato il documentario Le mura di sabbia, andando a intervistare alcune guardie americane di Hereford e alcuni sopravvissuti. In un’intervista rilasciata oggi al quotidiano “La Repubblica” dice: “Qui si parla di un soldato fascista senza demonizzarlo, dovrebbe piacere alla nuova destra, ma è importante sapere che gran parte dei dialoghi ricalca quel che mi hanno raccontato i prigionieri stessi. Vivendo negli Stati Uniti volevo fare un film che rispettasse l’onore dei militari, che per me è fondamentale. Insomma, non è un film con il solito messaggio pacifista di sinistra un po’ retorico”. Il regista, pur essendo italiano, ha vissuto sempre all’estero, diviso tra gli Stati Uniti e il Belgio.
Tornando alla storia, come registrato nel rapporto del sanitario Luigi Cabitto, inviato nel campo numero 4 di Hereford dall’Ambasciatore d’Italia a Washington Alberto Tarchiani nell’agosto del 1945, “i prigionieri del compound 4 sono diminuiti notevolmente di peso… è da ritenere che tale diminuizione sia, quale media, di 10 chilogrammi.”. Gli altri, i “traditori”, furono liberi invece di lavorare nei campi vicini. Il film, ha come protagonisti Roy Scheider e Luca Zingaretti. Uno il responsabile militare del campo di concentramento, l’altro ufficiale “irriducibile” che, rifiutandosi di aderire alle Italian Service Units, rimane l’ultimo prigioniero del campo. La pellicola, che ha ottenuto il riconoscimento statale come film di interesse culturale nazionale nel 1998, (un fondo di 2 miliardi e 918 milioni di lire), è stata poi prodotta dalla Orango di Alessandro Verdecchi, Smile Productions di Giuseppe Pedersoli, Veradia Film e Rai Cinema, e girata nel 2000. Presentato al Marché di Cannes lo scorso anno ha partecipato poi alla selezione dei David di Donatello 2000-2001. Il regista ha girato in Bulgaria, a 20 chilometri a Nord di Sofia, in una ex-fabbrica missilistica. Gli attori hanno tutti recitato in lingua inglese, ma nelle sale esce una versione doppiata in italiano.
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