Nel giro di meno di una settimana tre delle più amate e premiate serie tv degli ultimi anni hanno regalato al loro pubblico altrettanti memorabili finali. Per prima è stata La Fantastica Signora Maisel, la comedy ideata da Amy Sherman-Palladino che ha tracciato l’arco della carriera di una comica capace di imporsi nel maschilista show business statunitense degli anni ’60, poi è stato il turno di Succession, la grottesca e tragica epopea incentrata sull’eredità del magnate della comunicazione Logan Roy, infine, è toccato alla brillante commedia a tema calcistico Ted Lasso dire addio ai propri fan dopo solo tre stagioni.
Tutti e tre gli episodi (e le intere stagioni) finali sembrano avere convinto i critici e soprattutto gli appassionati, che, come al solito, si stringono attorno al vuoto lasciato da serie che li hanno accompagnati per anni. Dopo decine e decine di ore di visione è inevitabile affezionarsi a personaggi e situazioni, per questo nessuna esperienza artistica è così simile a quella del lutto come la fine di una serie che abbiamo amato, e le aspettative che riponiamo sul finale di storie così lunghe e complesse sono così alte che raramente ci soddisfano. Insomma, in un’epoca in cui le serie vengono cancellate al primo tentennamento, i bei finali sono merce rara e quindi ci stupiamo ancora di più per il fatto di averne visti ben tre nel giro di poche ore l’uno dall’altro.
Lasciando da parte i dettagli di questi nuovi ultimi episodi, per non incappare in inevitabili spoiler, ma andando indietro nella storia della serialità, si può tracciare una linea di confine che distingue i finali ben riusciti da quelli più controversi, rendendosi conto che tutte e tre le serie appena concluse rispettano alcune regole fondamentali. La prima è anche la più semplice: finire al momento giusto. Fin troppe volte, inseguendo lo spettro del facile profitto, si sono stiracchiate storie fin oltre il buon senso, spolpando fino all’osso anche i prodotti migliori, snaturando i concept iniziali e perdendo inevitabilmente di brillantezza. Se una serie ha smesso di essere interessante è probabile che il suo finale sia qualcosa di simile a un’eutanasia: ovvero quando si spengono le macchine per smettere di soffrire. Un esempio è il medical drama Grey’s Anatomy, giunto stancamente alla sua 19ma e ultima stagione. Tra poche settimane, quando sarà trasmesso l’episodio conclusivo, scopriremo se riuscirà a essere l’eccezione che conferma la regola.
Un elemento che può essere decisivo per salvare i finali di serie che hanno “sbrodolato” è il fattore emotività. È il caso di sit-com popolari come Friends, Scrubs e, soprattutto, The Big Bang Theory, che arrivate allo stremo della loro energia vitale, hanno comunque trovato la forza di chiudere con episodi e scene estremamente coinvolgenti da un punto di vista emotivo, che hanno permesso agli spettatori di dimenticare eventuali passaggi a vuoto delle ultime stagioni. L’addio all’appartamento in Friends, la sfilata finale di J.D. per abbandonare per sempre l’ospedale in Scrubs e il discorso per il Nobel di Sheldon in The Big Bang Theory sono esattamente ciò che un appassionato di sit-com vuole per dire addio con una lacrima ai personaggi e le location che hanno fatto parte della sua quotidianità per tantissimi anni.
C’è poi il fattore cruciale, soprattutto in serie drammatiche come la premiatissima Succession: ovvero la coerenza. Se Breaking Bad, Sons of Anarchy, Mad Men, Mr. Robot e, per ultima, Better Call Saul hanno saputo mettere il punto alle loro narrazioni efficacemente è perché sono state coerenti con loro stesse. Alla fine dei loro travagliati percorsi, i protagonisti si sono trovati esattamente dove potevi immaginarteli fin dall’inizio. Perché niente è più soddisfacente della sensazione di avere chiuso, con precisione giottesca, un cerchio, soprattutto quando il suo lungo raggio ci ha accompagnato per tante stagioni.
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