Tante donne nel palmarès e gli attori parlano francese

I premi di Venezia 81: vincitori e vinti. Tra gli esclusi Fernanda Torres, straordinaria protagonista di 'Ainda estou aqui', e da Singapore il thriller 'Stranger Eyes'


VENEZIA – Il Leone d’oro di Venezia 81 va a un film del veterano spagnolo Pedro Almodovar, regista amatissimo dal pubblico che a Venezia aveva già vinto il Leone alla carriera nel 2019 (al suo attivo anche due Premi Oscar, cinque premi BAFTA, due Golden Globe e altrettanti Emmy Awards). The Room Next Door (che sarà in sala con la Warner) è il suo primo lungometraggio in lingua inglese, con due attrici immense come Julianne Moore e Tilda Swinton, a cui infatti ha dedicato la vittoria. E’ una storia toccante e intima, nello stile del maestro di Tutto su mia madre e Parla con lei in cui Ingrid (Moore), scrittrice di romanzi, e Martha (Swinton), ex reporter di guerra, si rivedono dopo molti anni in una circostanza estrema: Martha, malata terminale di cancro, chiede a Ingrid di aiutarla nell’eutanasia clandestina. Sul palco della Sala Grande, il regista manchego ha avuto parole intense in difesa del fine vita. “Il mio film parla non solo della solidarietà senza limiti del personaggio di Julianne Moore ma anche della scelta di Tilda Swinton quando c’è un dolore senza soluzione. È un diritto fondamentale, non è questione politica, ma umana e i governi devono garantirlo. E’ una richiesta che dobbiamo fare a tutti i governi ma anche ai fedeli delle varie religioni in modo che tutti possano decidere se porre fine alla propria vita”.

E’ stato un momento intenso in una serata ricca di emozioni, lacrime (irrefrenabili quelle del giovane Francesco Gheghi, protagonista del dramma Familia), appelli politici – Gaza è tornata più volte nelle parole dei premiati – e anche riferimenti al dialogo tra il cinema e le istituzioni, questione più che mai centrale. La regista di Bolzano Maura Delpero che ha ricevuto il Leone d’argento Grand Jury Prize per Vermiglio – l’unico italiano dei cinque titoli in concorso a vincere un premio – ha ricordato: “Vermiglio è stato fatto con il sostegno pubblico e senza questo avrebbe dovuto tradire se stesso. Non avremmo potuto girare in dialetto, non avrei potuto scegliere ogni volto, avrei dovuto prendere delle star e non avrei potuto ascoltare il silenzio della montagna. Occorre difendere la cinematografia e la bellezza. E voglio anche ringraziare tutti coloro che aiutano la conciliazione tra lavoro e famiglia, difficile soprattutto per le donne. Mi auguro che la società non lasci sole le donne”. Vermiglio, distribuito da Lucky Red, è un’immersione profonda in un mondo remoto nel tempo e nello spazio, quello di una valle al confine con l’Austria verso la fine della seconda guerra mondiale, ed è un film ricco di ascolto e sensibilità, in cui trovano spazio alcune figure di giovani donne poste di fronte a scelte e percorsi di vita anche non convenzionali e osservate con attenzione e cura.

La Coppa Volpi alla migliore attrice è andata a Nicole Kidman, una star che si mette decisamente a nudo in Babygirl della regista Halina Reijn, riflessione sui rapporti tra i sessi e sulla dominazione con una donna in carriera che dà spazio nella sua vita a un desiderio di sottomissione sempre sopito. Kidman non ha ritirato il premio: sua madre è morta proprio mentre era a Venezia per presentare il film.

La Coppa Volpi maschile è andata a Vincent Lindon, attore francese che difficilmente sbaglia un colpo. Nel 2015 ha vinto il Prix d’interprétation per La legge del mercato a Cannes, adesso arriva alla Coppa Volpi con Jouer avec le feu di Delphine e Muriel Coulin (in Italia uscirà con il titolo Noi e loro), uno spaccato sociale drammatico che mette a confronto un padre operaio dai solidi principi e un figlio attratto da gruppi di estrema destra, con conseguenze nefaste e irrimediabili. Lindon ha ringraziato in particolare la presidente della giuria Isabelle Huppert: “È raro che un presidente francese sia così generoso con qualcuno che viene dal suo paese, è raro e chic”, ha detto, non si sa quanto ironicamente. Anche il Premio Mastroianni è andato a un giovane interprete d’oltralpe, il convincente Paul Kircher di Leurs enfants après eux dei fratelli Ludovic e Zoran Boukherma, dove una lite per una moto rubata sfocia in una faida tra due adolescenti induriti da famiglie dove l’unico linguaggio possibile è la violenza.

Un premio fortemente annunciato è il Leone d’argento alla miglior regia per The Brutalist – anche premio Fipresci dato dai critici internazionali – un film che molti davano per superfavorito al Leone d’oro. Il regista americano ha fatto le condoglianze a Nicole Kidman e ha ringraziato la giuria per aver visto tutti questi film, “tra cui il mio che dura quasi tre ore e mezza”. Non era il solo con una durata monstre in un’edizione che ha messo a dura prova la resistenza degli spettatori. Qui Adrien Brody è protagonista assoluto della biografia dell’architetto ebreo ungherese László Tóth emigrato negli Stati Uniti nel 1947 a cui viene commissionata un’opera gigantesca da un mecenate.

Ainda estou aqui di Walter Salles – favorito per l’interpretazione straordinaria di Fernanda Torres – vince invece il premio per la sceneggiatura ispirata al memoir del figlio di un desaparecido arrestato dai militari durante la dittatura in Brasile negli anni ’70. Gli autori sono Murilo Hauser e Heitor Lorega che hanno raccontato tutta la vicenda dal punto di vista di una madre coraggio, una donna con cinque figli che non si arrende alla brutalità politica del regime e cerca di ottenere se non giustizia almeno verità.

Oltre a Fernanda Torres qualche vistosa assenza in un palmarès complessivamente condivisibile c’è stata: in particolare El Jockey, Harvest e Stranger Eyes. 

Non è sfuggito invece il pur arduo April della regista georgiana Dea Kulumbegashvili, prodotto tra gli altri da Luca Guadagnino, un film rigoroso e faticoso, ma con uno stile forte e un tema tosto, parla infatti di aborti clandestini con accenti quasi metafisici attraverso il personaggio di una ginecologa controcorrente.

Tra le curiosità il triplo premio a Familiar Touch dell’americana Sarah Friedland che ha ricevuto sia il Leone del futuro che il Premio alla Miglior Regia di Orizzonti oltre al premio all’attrice protagonista.

Venezia Classici ha incoronato Ecce bombo di Nanni Moretti, uno dei due restauri della Cineteca Nazionale. Il regista è apparso piuttosto sconcertato “per un premio inaspettato, esagerato, visto che c’erano film di De Sica e Peter Brook. Ma vuol dire che questo vecchio film riesce ancora a parlare a un giovane pubblico di oggi. Il che mi stupisce e mi fa felice.

Il presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco ha parlato di “clamoroso successo di pubblico con un più 12% tra biglietti e abbonamenti”. Ha lanciato un appello al neoministro Giuli, presente alla cerimonia, in difesa della sala cinematografica, dei teatri e delle librerie, “presidi culturali”. 82ma Mostra dal 27 agosto al 6 settembre 2025.

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07 Settembre 2024

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