“Non c’è più tempo per aspettare le prossime due generazioni volenterose, c’è l’urgenza che le cose cambino, e per questo i film con un messaggio non bastano più. Però, almeno, con La mia classe ci siamo posti una domanda importante”. Sta proprio nella domanda evocata da Valerio Mastandrea – se fare un film possa servire a qualcosa, magari a contribuire al processo di integrazione – il punto del nuovo film di Daniele Gaglianone, un inafferrabile ibrido tra documentario e finzione, in cui un attore (Mastandrea, appunto) diventa professore di italiano per un gruppo di stranieri provenienti da ogni parte del mondo.
Studenti veri con origini e storie diversissime, che hanno composto la variopinta classe di Gaglianone oggi protagonista alle Giornate degli Autori. Arrivati dall’Egitto o la Costa d’Avorio, dall’Iran o le Filippine,e uniti in un’aula per imparare la nostra lingua grazie al confronto su concetti come “diritti” e “doveri”, situazioni di vita quotidiana, concezione di lavoro e di tradizione. Finché a un certo punto la realtà non irrompe nel gruppo e lo mette in crisi, così come mette in crisi il delicato equilibrio narrativo tra realtà e artificio: “Due settimane prima delle riprese un evento che avevamo previsto in sceneggiatura, ovvero un problema di documenti di soggiorno, è capitato davvero a uno degli studenti – ha spiegato Gaglianone – e abbiamo dovuto decidere come reagire. Il contesto ci chiedeva di fare scelte che andavano contro il motivo per cui facevamo il film, e la decisione che abbiamo preso è forse la più folle: invece lasciar perdere tutto o sostituire in corsa lo studente-attore, abbiamo accolto la realtà nella finzione”.
“Per il professore – aggiunge poi il regista – abbiamo pensato subito a Valerio, perché viene percepito come attore famoso ma anche come persona di estrema autenticità”. Poi la produzione ha scelto persone e storie di vita per comporre La mia classe. “Il set, con noi dentro – ha continuato Gaglianone – è una metafora del nostro rapporto con la società e del modo in cui reagiamo alle situazioni difficili. E in questo film – prodotto da Axelotil film, KimeraFilm e Relief con Rai Cinema – lo spettatore deve smettere di chiedersi se sia doc o finzione, evitare di cercare definizioni rassicuranti che incasellano tutto in una categoria”. La maggior parte degli studenti de La mia classe – “persone di cui diventiamo amici nei primi 40 minuti di film – osserva Gaglianone – e di cui poi raccontiamo l’inferno, quindi finalmente non più figurine invisibili del tg” – era presente oggi al Lido per accompagnare il film: “Ognuno aveva una sua vita – racconta Shadi, egiziano – e anche grazie al film ognuno ha trovato qualcosa che stava cercando in Italia: amici, famiglia o amore”. Intanto, de La mia classe resta “il coraggio di aver almeno posto la domanda”.
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