Stephen Daldry: “L’11 settembre, incredibilmente vicino”


BERLINO – Alla Berlinale era già stato applaudito nel 2008 per The Reader, dove affrontava i temi del coinvolgimento nel nazismo di persone comuni attraverso una storia d’amore non comune. Stavolta Stephen Daldry è tornato con Molto forte, incredibilmente vicino, che in Italia uscirà il 13 aprile. Candidata all’Oscar come miglior film e per l’interpretazione di Max von Sydow, anche questa pellicola, riscritta dallo sceneggiatore Eric Roth sulla base del romanzo di Jonathan Safran Foer, contiene echi della seconda guerra mondiale, ma in effetti parla di una guerra contemporanea, anzi della tragedia americana per eccellenza, l’11 settembre e l’attacco alle Torri Gemelle. Un punto di non ritorno per la coscienza collettiva degli Stati Uniti, che qui viene esplorato dal punto di vista di un bambino disturbato, a partire dal libro di uno degli scrittori contemporanei più amati, anche dal cinema, l’autore di Ogni cosa è illuminata e del saggio “Se niente importa”, sul massacro degli animali a fini alimentari.

Ancor più che nel libro, l’attenzione si concentra qui su Oskar, che ha 9 anni e forse è affetto dalla sindrome di Asperger, ma forse è solo un po’ nevrotico, anche i medici non ne sono proprio sicuri. Di certo ha un rapporto esclusivo con il padre (Tom Hanks) che asseconda le sue fissazioni e per lui ha inventato giochi avventurosi, facendo di New York un paese misterioso e della quotidianità, con i suoi oggetti insignificanti, una caccia al tesoro avvincente. Così quando l’uomo rimane ucciso nella più brutta mattina dell’America, il ragazzino (Thomas Horn, giovane talento alla sua prima prova) si chiude ancor più in se stesso, lasciando fuori dal lutto la mamma (Sandra Bullock). Tormentato dal senso di colpa, riascolta ossessivamente i sei messaggi lasciati in segreteria dal papà, prima rassicuranti poi sempre più disperati. E quando trova nell’armadio una piccola busta arancione che contiene una banalissima chiave e solo l’indicazione “Black”, parte alla ricerca della serratura giusta, scandagliando le esistenze dei 472 Mr e Mrs Black che vivono nella Grande Mela con i loro piccoli e grandi dolori, le loro perdite, le loro idiosincrasie, i loro mondi. Prima in questo viaggio è solo, poi accetta di farsi accompagnare da un vecchio signore tedesco un po’ bislacco che vive a casa di sua nonna e ha smesso di parlare moltissimi anni prima (scopriremo poi che è sopravvissuto al bombardamento di Dresda). Quel vecchio è Max von Sydow, attore grandioso, che per questo ruolo muto si esprime scrivendo le risposte alle domande del ragazzo sui foglietti di un notes.

Per l’interprete bergmaniano, che dal 2002 ha rinunciato alla nazionalità svedese scegliendo la Francia come nuova patria, recitare senza parole a 83 anni è stata una grande sfida che lui sembra prendere alla leggera, come se non fosse poi granché difficile. In conferenza stampa a Berlino, insieme al regista e giovane Thomas, che ora ha 14 anni ma ne dimostra qualcuno in meno, racconta il suo 11 settembre: “Ero in Svezia con mia moglie, stavo guidando sull’autostrada quando abbiamo ricevuto una telefonata da mio figlio. È scoppiata la guerra, bombardano New York, ci ha detto. E ci ha raccomandato di non prendere l’aereo. Siamo tornati in albergo e siamo restati attaccati alla tv a vedere quelle immagini spaventose”.

 

Anche il britannico Daldry, che sta lavorando a un nuovo adattamento, dal libro per ragazzi Trash e che sarà il direttore artistico dei giochi Olimpici di Londra, racconta quel fatidico e tragico giorno: era impegnato nella post produzione di The Hours e passò tutto il tempo al telefono, insieme al produttore Scott Rudin, per cercare di mettersi in contatto dall’Inghilterra con gli amici newyorchesi. “Vorrei che ci fossero più film sull’11 settembre e sulle sue conseguenze non solo negli Stati Uniti ma anche in altri paesi, compresi l’Irak e l’Afghanistan – dice oggi, a 11 anni di distanza – bisogna raccontarlo anche nelle scuole, è un pezzo di storia contemporanea”.

autore
10 Febbraio 2012

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