E’ l’unico italiano in concorso al Festival di Taormina (16-22 giugno) ed uscirà, in contemporanea con la manifestazione – il 16 giugno con 01 Distribution – in una stagione cinematografica che si sta allungando a coprire l’estate, ma soprattutto grazie ai grandi bluckbuster americani. E’ L’uomo di vetro, il film con cui Stefano Incerti racconta l’odissea giudiziaria e umana di Leonardo Vitale, quello che fu definito il primo pentito di mafia perché ebbe il coraggio di denunciare un sistema di cui aveva fatto parte fino a poco prima, pagandone il prezzo sulla sua pelle. Girato a Catania nel luglio scorso e prodotto con circa due milioni di euro da Mario Rossini per Red Film con Rai Cinema, il film è stato scritto con Salvatore Parlagreco – autore del libro da cui è tratto – e Heidrun Schleef, ed è interpretato da David Coco, Tony Sperandeo, Anna Bonaiuto e Ninni Bruschetta.
Come si è avvicinato al progetto e al libro di Salvatore Parlagreco?
Esisteva già una sceneggiatura ispirata al libro, che non è un romanzo quanto piuttosto una sorta di docu-fiction letteraria, un’inchiesta rivisitata composta di testimonianze (come quella della madre di Vitale), lettere e diari. Mi piaceva molto perché per la prima volta raccontava un contesto mafioso attraverso lo sguardo di un mafioso. Qui il protagonista non è il classico eroe tutto d’un pezzo, di solito un magistrato, che lotta contro la mafia, ma un eroe negativo, che a sua volta si è macchiato di sangue. Quando viene incriminato per un delitto che non ha commesso e viene tenuto 40 giorni in isolamento, Vitale sente che si rompe un meccanismo dentro di lui e decide di confessare tutto quello che sa della mafia. Per lui è una scelta di coscienza, non dettata da eventuali vantaggi che avrebbe avuto come pentito, visto che allora non esisteva ancora nessuna legge del genere.
Quanto si discosta il film dal libro?
Nel libro l’io narrante è quello del giornalista Parlagreco, mentre nel film abbiamo deciso di focalizzarci sul personaggio di Vitale in due anni cruciali della sua vita, dal 1972 al 1974, dieci anni prima che fosse ucciso. E’ il momento della sua crisi psicologica e mistica, ed è infatti quello in cui si avvicina molto alla religione e decide di denunciare per liberarsi la coscienza. Ne L’uomo di vetro non ci sono personaggi bianchi e neri, ma ognuno mostra le sue sfumature di grigio. Anche Tony Sperandeo, che interpreta lo zio che lo spinse a entrare nella mafia, alla fine del film, si riavvicina al nipote, e lo accompagna al manicomio tra le lacrime.
Che cosa rappresenta la storia di Leonardo Vitale per il nostro paese?
Una vicenda in cui non c’è un vero vincitore, ma sono tutti sconfitti: dallo Stato, che era distratto da eventi più eclatanti come il terrorismo e non credette alle sue rivelazioni – ma allo stesso tempo non poté più continuare a sostenere che la Mafia non esisteva – alla Mafia stessa, che uccidendo quest’uomo quando ormai era inoffensivo, zoppo e balbuziente, dimostrò di averne comunque paura.
Il suo film esce in estate, e si trova a competere con i blockbuster americani.
Si tratta di due pubblici diversi. I fantastici 4 e i Pirati dei Caraibi avrebbero successo anche se uscissero a Ferragosto, mentre il mio film è per spettatori più attenti. Mi dispiace di essere stato sempre penalizzato da periodi di uscita non buoni, a inizio o a fine stagione, in un contesto che ha difficoltà a imporre sul mercato temi più impegnati e difficili. Ma la mia soddisfazione è che L’uomo di vetro è stato già invitato in diversi festival internazionali.
Presto sarà impegnato sul set di Complici del silenzio.
Ho scritto la sceneggiatura con il giornalista Rocco Oppedisano e ai primi di ottobre inizierò a girare questo film che racconta di un giornalista che, subito dopo il sequestro Moro, parte per l’Argentina per seguire i Mondiali di calcio e prendersi una vacanza. Una volta arrivato lì, invece, si innamorerà di una donna e a causa sua sarà coinvolto nel dramma dei desaparecidos. E’ una co-produzione tra la Surf Film di Massimo Vigliar, l’Argentina e la Spagna, e accanto al protagonista Alessio Boni ci saranno un attore italiano e degli interpreti argentini.
Che ne è del suo progetto Il cassiere col vizio del gioco?
E’ un film a cui tengo molto, che ho scritto con Diego De Silva e che racconta di un ragioniere del carcere di Poggioreale che, per amore, si trova invischiato in una spirale di prestiti in cui è coinvolta anche la camorra. E’ prodotto dalla Filmalbatross e il protagonista sarà Toni Servillo. E’ in base alla sua partecipazione che abbiamo adattato la sceneggiatura, ma dovremo aspettare la primavera 2008 per girarlo, perché prima è impegnatissimo.
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