Tornato al Lido, come promesso, dopo un anno per raccontare la tragedia dell’uragano Katrina che devastò nel 2005 la zona di New Orleans, Spike Lee porta in concorso un documentario di quattro ore senza voce narrante dal titolo When the Levees Broke: a Requiem in Four Acts. Un ritratto epico della città di New Orleans dopo la devastazione, introdotto dalle note toccanti di “Do You Know What It Means to Miss New Orleans?” di Louis Armstrong.
Le testimonianze dei sopravvissuti raccontano la rabbia, la distruzione, l’inefficienza dei soccorsi, la follia e l’assurdità di quello che è ad oggi uno squarcio nel cuore dell’America.
Perché la scelta di fare un documentario e non un film di finzione sulla vicenda dell’uragano Katrina?
Avrei potuto anche fare un film di fiction ma penso che nessun attore, per quanto bravo, possa trasmettere l’assurdità e la follia che ci arrivano dai racconti dei protagonisti. Volevo che la pellicola fosse un mezzo e un veicolo di testimonianza; non c’è una vera e propria sceneggiatura: ho soltanto acceso la telecamera e lasciato che i protagonisti raccontassero la propria storia.
Che potere ha il cinema nell’influenzare la realtà? Potrebbe ad esempio accelerare l’intervento delle autorità nell’opera di ricostruzione?
Recentemente il film è stato trasmesso sul canale televisivo americano Hbo ed ha creato un grosso imbarazzo a Bush e alla sua amministrazione. Il 29 agosto scorso il Presidente è tornato a New Orleans dichiarando che la ricostruzione è in atto. Ma non è vero: gli esperti dicono che ci vorranno almeno altri 10 anni e intanto il 70% della vecchia popolazione di New Orleans è costretta a vivere in altri posti dell’America e non può tornare a casa.
Sta per uscire in America un cofanetto DVD di When the Levees Broke che avrà una grande distribuzione e cercheremo di farlo vedere il più possibile anche nelle scuole. Spero che la diffusione di questo film possa dare vita a un movimento di lotta per la ricostruzione: la pellicola è un’opera incompleta finchè New Orleans non verrà restaurata.
Katrina ha aperto gli occhi al popolo americano su Bush e la sua amministrazione?
Credo che Katrina, così come il fiasco in Iraq, abbiano aperto gli occhi agli americani, tant’è che gli stessi repubblicani ora stanno cercando di prendere le distanze da Bush. Il grado di approvazione del presidente è al momento veramente basso e lui prova a reagire cercando di convincere la popolazione che c’è un parallelo tra la necessità dell’intervento americano per Hitler, per il fascismo e per l’Iraq.
Recandosi nei luoghi del disastro ha avuto l’impressione che le informazioni fossero state edulcorate dai media?
Vorrei lodare i mass media americani che, una volta sentitisi traditi dal Presidente, sono stati coraggiosi nei loro reportage. La grande bugia che però è stata detta è che la catastrofe era stata generata da Katrina, quando invece l’allagamento è dipeso dalla rottura degli argini. E mi chiedo: “Come è possibile che un Paese piccolo come, ad esempio, l’Olanda riesca ad avere una tecnologia all’avanguardia per i propri argini e l’America, il Paese più ricco de mondo, non riesce a farlo?”.
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