Ludivine Sagnier è una delle attrici francesi più amate dal cinema d’autore. Diretta da Resnais appena bambina, è una delle icone del regista francese François Ozon, con lui ha girato Gocce d’acqua su pietre roventi, 8 donne e un mistero e Swimming Pool. Ora è anche nel nuovo film del cineasta, Sotto le foglie, in uscita il 10 aprile con la BIM e presentato al festival romano Rendez-Vous. Un giallo un po’ alla Simenon, dove tutti sono colpevoli e tutti innocenti, campione d’incassi in Francia con quasi 700.000 spettatori, vincitore del Premio della giuria per la migliore sceneggiatura e Premio miglior attore non protagonista (Pierre Lottin) al Festival di Saint Sebastian e candidato ai César per la Migliore attrice, la sorprendente e ambigua Hélène Vincent che ha il ruolo di un’anziana madre forse assassina.
Lei è nonna Michelle che vive una ordinata e ordinaria routine in un piccolo villaggio della Borgogna insieme alla migliore amica Marie-Claude (Josiane Balasko) a cui la lega un passato comune che ancora dà scandalo nel paesello. Michelle e Marie-Claude, infatti, facevano le prostitute e di questo non l’ha mai perdonata la figlia Valérie (Ludivine Sagnier), giovane donna scontrosa e insoddisfatta, molto attaccata al denaro, reduce da un divorzio doloroso, che arriva in campagna con il figlio di dieci anni Lucas per trascorrere qualche giorno di vacanza e comincia subito a bisticciare. Intanto il figlio dell’amica Marie-Claude, Vincent (Pierre Lottin), esce dal carcere e comincia a lavorare nell’orto e nel giardino di Michelle.
Quanto è stato importante, nella sua carriera, François Ozon?
Abbiamo fatto tre film insieme, molto ravvicinati tra loro e che hanno avuto un grande successo, li abbiamo accompagnati in giro per il mondo. Poi è arrivato il momento di separarsi e di prendere ciascuno la sua strada, adesso siamo tornati a lavorare insieme con Sotto le foglie dopo circa vent’anni.
Il suo personaggio, Valérie, è sgradevole, così ostile nei confronti della madre, spesso aggressiva, poco comprensiva.
Sì, è vero, sicuramente è un personaggio che non suscita un’empatia immediata, ma nel corso del film riusciamo a capire i motivi della sua fragilità e da dove arriva quell’ostilità. Valérie non ha avuto un’infanzia facile, è cresciuta in un ambiente rurale con una madre che si prostituiva e probabilmente è stata derisa se non addirittura bullizzata quando andava a scuola, ha impiegato molto tempo per riuscire a ritrovarsi. Ciascuno di noi, del resto, ha qualcosa da perdonare ai suoi genitori e ognuno ci riesce in misura diversa, più o meno bene.
La protagonista del film, interpretata da Hélène Vincent, è una donna anziana su cui si sofferma la macchina da presa di Ozon, mettendone in risalto la bellezza e la particolarità. E’ una scelta di regia consapevole e dichiarata.
Effettivamente ci sono sempre più ruoli per le attrici avanti negli anni ed è molto importante che si sia arrivati a questo punto nel desiderio di mostrare sul grande schermo il percorso di una donna in tutte le fasi della sua evoluzione. Ma in questo caso c’è una volontà precisa di Ozon che compie davvero un atto militante e femminista nello scegliere come protagonista un’ottantenne. Lui ha sempre amato tantissimo le donne che hanno avuto ruoli importanti in tutti i suoi film e le ha sempre mostrate nella loro diversità, è estremamente bello il fatto che ci sia appunto come protagonista Hélène Vincent con le sue rughe e il suo volto che lascia trasparire tutte le esperienze di vita che ha vissuto. Comunque anche in registi come Comencini e Sorrentino ci sono delle protagoniste assolutamente straordinarie, piene di vita e molto particolari, in E’ stata la mano di Dio, ad esempio. Finalmente alle attrici avanti con gli anni vengono attribuiti ruoli diversi, non solo la nonna gentile che si occupa dei nipoti e fa le torte, perché quello è un modo di ridurre la donna di una certa età a un cliché.
Dopo la sua morte, Valérie torna come fantasma nell’immaginazione della madre. Nel cinema di Ozon non è la prima volta che compare un fantasma, figura molto comune nel cinema orientale, meno in quello occidentale. Come si è sentita a interpretarne uno?
La scorsa settimana eravamo a presentare il film a Tokyo ed è vero che la cultura giapponese abbraccia le figure degli spettri, dunque il pubblico giapponese era sorpreso di trovarli in un film europeo. Però io non ci vedo niente di strano, anche la cultura europea, giudaico cristiana, si permette di riflettere su come si manifesta l’assenza delle persone che ci hanno lasciato e che comunque continuano ad accompagnarci. Da parte mia, ho provato un grandissimo piacere a interpretare questa seconda parte del film in cui Valérie si esprime con maggiore dolcezza e questo l’abbiamo studiato sia con François che con la costumista, per renderla diversa dalla Valérie viva.
Il film parla anche del tempo che passa e l’autunno è al centro della vicenda con le sue atmosfere malinconiche. Qual è la stagione che la rispecchia maggiormente?
Di solito la stagione preferita coincide con quella della propria nascita e del compleanno. Io sono nata d’estate e amo l’estate anche perché l’autunno della vita mi sembra ancora lontano.
I due figli affrontano in modo diverso il mestiere esercitato dalle madri con lo stigma sociale che comporta.
Il tema profondo del film è la capacità di perdonare o quantomeno di accettare quello che la vita ti ha dato in sorte. C’è un contrasto forte tra come i due figli affrontano l’eredità della propria infanzia. Uno perdona, l’altra no. Ma si parla anche della tossicità dei rapporti, in questo la vicenda dell’avvelenamento da funghi è veramente una metafora della tossicità che queste due donne hanno trasmesso ai propri figli. Uno dei due sembra accettare maggiormente, però poi è diventato un delinquente, l’altra fa fatica a trovare il suo posto nel mondo e lei stessa non è proprio una madre esemplare.
Questo è un film lento e contemplativo, con un forte senso della natura e del tempo.
Io credo che il cinema sia tutto necessario, quello d’azione quanto quello contemplativo. Questo film appartiene alla seconda categoria e credo che corrisponda al desiderio che ha François Ozon di riflettere sull’avanzare degli anni. E’ ovviamente una tematica che riguarda anche lui e in qualche modo il ritmo del film è in antitesi con la frenesia che lui ha nel girare in media un film l’anno, ma adesso ha questa necessità di fermarsi e riflettere.
C’è un legame con Fassbinder e con Simenon?
Fassbinder ha ispirato il primo film di Ozon, Gocce d’acqua su pietre roventi, a cui abbiamo lavorato insieme, anche lì c’era Malik Zidi, che qui interpreta mio marito. Quindi sono io che mi sono in qualche modo divertita a creare questa back story, non certo François che non dà assolutamente mai una chiave psicologica ai personaggi, perché ritiene che gli attori, così come il pubblico, debbano essere assolutamente liberi di proiettare quello che desiderano. Io, effettivamente, con questa connessione con Malik, mi sono divertita a raccontarmi delle cose. Simenon invece è presente nel senso che c’è un aspetto quasi da giallo poliziesco, un’inchiesta per riuscire a scoprire effettivamente chi abbia ucciso Valérie e anzi se sia stata uccisa.
La storia inizia con la citazione evangelica di Maria Maddalena, la prostituta che Gesù accoglie e perdona.
C’è questo riferimento, è vero.
Lei ha lavorato con Paolo Sorrentino nelle due serie The Young Pope e The New Pope. Che ricordi ha di quella esperienza?
La prima stagione è stata quella che ci ha portato a trascorrere tantissimo tempo a Roma, tra Villa Medici e Cinecittà, e io ricordo l’incanto con cui osservavo il modo in cui lavorava Paolo, la sua determinazione nella composizione della scena. Era veramente incredibile vedere il tipo di rapporto che ha con la composizione, è come se stesse dipingendo un quadro. Eravamo tutti estasiati, io come tutti gli altri attori, nel vederlo. Poi lavorare con Silvio Orlando e Jude Law è stato un privilegio. La seconda stagione è stata più dolorosa per me e per il mio personaggio, si girava a Venezia d’inverno, faceva tanto freddo. In questa occasione ho imparato un po’ di italiano e la prossima volta vorrei lavorare con Sorrentino recitando in italiano.
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