“Il ritratto del cineasta da giovane. Il dramma autobiografico di Paolo Sorrentino sul crescere a Napoli è sensuale, triste e talora sublime”. Con queste parole il noto critico A. O. Scott intitola la sua recensione sul New York Times. “A che cosa servono i film? Secondo una corrente di pensiero citata in È stata la mano di Dio, sono inutili se non come ‘distrazione dalla realtà’, qualcosa di cui abbiamo bisogno perché ‘la realtà fa schifo’. Nulla da eccepire! Va notato che tali opinioni vengono attribuite nientemeno che a Federico Fellini […] È anche la storia di come un giovane regista strappi la propria vocazione a una realtà a sua volta ridicola, incantata, sconcertante e tragica. Schifosa? Può darsi, comunque per Paolo Sorrentino, sceneggiatore e regista, un materiale prezioso da rielaborare. Sorrentino – che nei suoi film precedenti (Il Divo, La grande bellezza), e nelle sue serie televisive (The Young Pope, The New Pope), era penetrato come un uccello curioso, dallo sguardo acuto, dentro i meandri della boscaglia sociale, politica e sessuale dell’Italia contemporanea – ha rivolto ora l’attenzione al proprio passato. Vi sono dei precedenti, sia nel cinema italiano che nell’opera di alcuni autori contemporanei. È stata la mano di Dio va a braccetto con film recenti quali Roma di Alfonso Cuarón, Belfast di Kenneth Branagh e Souvenir, il dittico di Joanna Hogg. Per restare nell’ambito felliniano, se La grande bellezza, vincitore di un Oscar nel 2014, può essere definito La dolce vita di Sorrentino, allora questo è il suo Amarcord“.
A. O. Scott conclude così la sua dettagliatissima analisi del film: “Le esperienze del protagonista magari sono convenzionali in una certa misura, però Sorrentino si rifiuta di trattare qualunque cosa in maniera ordinaria. Le sue composizioni sono lussureggianti, sensuali e strane. (Le immagini sono catturate dal direttore della fotografia Daria D’Antonio). A volte può sembrare troppo. A volte è troppo! Però non direi che il film costituisca una distrazione dalla realtà, tantomeno lo definirei un’opera realistica. È una bella tautologia: un film fedele alla realtà su una vita fatta per il cinema”.
Il New York Times raccomanda il film ai propri lettori con il marchio Critic’s Pick. A. O. Scott lo include tra i suoi film preferiti del 2021.
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