“Non ho voluto far pendere troppo l’ago della bilancia dalla parte maschile, condannando le donne o soffermandomi troppo sulle sentenze dei magistrati, che spesso però, bisogna dirlo, sono molto, troppo severe verso i mariti”. Eppure Posti in piedi in paradiso, la nuova commedia di Carlo Verdone dopo Io, loro e Lara, è un grido di dolore e di denuncia per una situazione resa ancor più drammatica dalla crisi economica. Una situazione che il comico romano conosce da padre separato e attraverso i racconti di tanti uomini che gli hanno scritto quando hanno saputo che lavorava a questo progetto. Poi con gli sceneggiatori Pasquale Plastino e Maruska Albertazzi ha dato forma a un immenso materiale. Tre storie di divorziati in crisi e in bolletta: Ulisse Diamanti (lo stesso Verdone), ex discografico di successo che ora si barcamena con un negozio di vinile dove entrano massimo due clienti al giorno, il critico cinematografico Fulvio Brignola (Pierfrancesco Favino), cacciato di casa dalla moglie per un adulterio virtuale, caduto in disgrazia al giornale e costretto a seguire la cronaca rosa, l’agente immobiliare Domenico Segato (Marco Giallini), che ha due famiglie, il vizio del gioco d’azzardo e arrotonda come “accompagnatore” di signore attempate. In tre arrivano a malapena a pagarsi un affitto di 750 euro e il 20 del mese non resta un euro in tasca. Sono loro i nuovi poveri, penalizzati da sentenze durissime: l’assegno di mantenimento spesso li riduce sul lastrico, mentre hanno pochissimo tempo da trascorrere con i figli. “Il ministro Corrado Passera, all’anteprima del film, l’ha ammesso: è una nuova categoria tragica, bisogna fare qualcosa”, ci racconta Verdone. “È una reale emergenza sociale, che riguarda non solo l’Italia ma gran parte del mondo occidentale e specialmente l’America – prosegue – ogni mese vengono costruite un paio di strutture per accogliere padri separati senza casa”.
La sfida dunque è stata quella di coniugare un tema molto serio ai codici della commedia: “Ho cercato l’equilibrio per sorridere dei tre protagonisti e della loro fratellanza improbabile: il preciso, il depresso e il cialtrone uniti nello stesso appartamento. Ma non dovevano diventare tre vitelloni. Volevo far vedere anche il loro rapporto con i figli, le ex mogli, gli avvocati, le nuove donne… Nel film quindi si riflette e nel finale le nuove generazioni rappresentano una speranza per il futuro perché, con tutte le loro difficoltà, sono più maturi dei genitori… Siamo in mano ai giovani, ho fiducia assoluta in loro: sento la voglia di farcela. Ma il momento è estremamente nebuloso, faticano così tanto a trovare lavoro. Chi è l’allenatore in Italia? Non lo so, e mi atterrisce. Ma sono ottimista, questo brutto periodo ce lo lasceremo alle spalle”, dice, tra l’apocalittico e il fiducioso.
Tra i ragazzi del film c’è la figlia di Ulisse che rimane incinta a 17 anni e decide di tenere il bambino a tutti i costi. Una scelta pro-life? “No, la politica non c’entra. Mi piaceva che la ragazza avesse quest’idea di non abortire, per uscire dai soliti schemi. In questa scelta, che i genitori avversano, la aiuta il buon senso del personaggio di Micaela Ramazzotti, la cardiologa svampita che però qui mette in campo la sua saggezza femminile”. La cardiologa Gloria è una ragazza dal cuore d’oro, ma sfortunata in amore. “Sono psicolabile, buffa, entusiasta della vita, vessata dagli uomini, ma nell’esistenza di Ulisse porto gentilezza e amore, mentre le altre donne sono vittime di tempi aggressivi e violenti…”, spiega l’attrice che si è sentita “verdonizzata” per un ruolo molto da commedia romantica d’altri tempi. E le altre (Nicoletta Romanoff, Diane Fleri)? “Sarebbe stato troppo facile rappresentarle come carnefici, ho evitato – dice ancora Verdone – ma spero che il film faccia riflettere qualche coppia su quanto siano inutili queste guerre tra coniugi, che portano disastri soprattutto ai figli”.
Commedia corale con l’attore che fa un passo indietro rispetto al passato (e proprio in questi giorni Carlo festeggia i 30 anni di Borotalco). “Certo, a questo punto della mia carriera diventa un atto dovuto concentrarsi sulla regia e mi sono ritagliato una parte più dolente, lasciando a Giallini il ruolo del cialtrone che trascina me e Favino in questa convivenza infernale… Mi piace recitare con altri attori e soprattutto con i giovani e poi arriva il momento che ti annoi a fare il solista, un regista serio si deve comportare così”.
Ci sono echi involontari di Schettino nel personaggio del truffaldino e spudorato Domenico? “Impossibile, perché Schettino è arrivato dopo… Ma questa tipologia umana esiste davvero, con quell’eleganza old fashioned, in doppiopetto, ma poi c’è il calzino bucato che rivela come stanno davvero le cose dietro l’apparenza… Così come il giornalista di Favino è ispirato a tanti e nessuno, in una scena, poi tagliata al montaggio, perché il film era davvero troppo lungo, superava le due ore e un quarto, prendeva anche uno schiaffo da un regista che aveva stroncato”.
Sfigato anche lui, benché intellettuale. Come l’eterno rockettaro ormai alla soglia dei 60 anni che non vuole vendere a nessun prezzo la cintura di Jim Morrison. “Questi tre uomini sono talmente sfortunati che il paradiso li accoglierà nonostante le colpe veniali, ma troveranno solo posti in piedi, perché sarà già pieno di poveri cristi”, riflette. E spiega che il titolo è nato per caso quando una cassiera del cinema Eden di Roma ha gridato: “Solo posti in piedi!”.
Non ha la presunzione di rappresentare l’Italia, “ma uno spaccato di certe categorie di italiani in momenti di difficoltà come questi sì… Come nella tragicommedia alla Monicelli oppure come in Tutti a casa di Comencini. Il compito della commedia è sfidare continuamente la realtà e vederla nella sua complessità, i film più importanti spesso sono commedie dove emerge l’animo umano con le sue miserie e la sua involontaria comicità”. E c’è persino spazio per una riflessione di politica alta: “Se l’Europa Unita non cambia in due anni, è un fallimento, voluto dagli Usa. Che per l’allarme dell’Irlanda o di un’agenzia di rating possa crollare tutto, è una follia, non si può vivere così”. Quanto all’Italia: “Come si fa a dare fiducia ai politici dell’una e dell’altra parte che si trovano coinvolti, un giorno sì e un giorno no, in uno scandalo? Questi tecnici che ci sono oggi, in realtà, ci stanno facendo pagare un duro prezzo, ma come dice il mio fioraio: ‘A me piace Monti perché è un politico che non ride’. E credo abbia ragione”.
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