Soldini, viaggio nel mondo dei non vedenti

Il regista Soldini, insieme a Giorgio Garini, firma il documentario 'Per altri occhi', prodotto da Lumière & Co e presentato in anteprima al Biografilm di Bologna


A Enrico, fisioterapista, basta un tocco per capire cosa non va nel tuo corpo. Gli piace lo sport, l’aria aperta, la buona cucina soprattutto se assaporata assieme agli amici Giovanni, Luca, Mario. Chi in pensione, chi quasi, per un’ora e mezza sullo schermo vediamo tutti loro godere della vita. E così fa Gemma, suonatrice e campionessa di discesa libera, Luca che ama il pianoforte e le sue fotografie, Felice che di mestiere fa lo scultore. Un mondo di gente serena e cieca.
Nessuno di loro vede, dalla nascita alcuni, dall’adolescenza altri, dalla maturità altri ancora. Qualcuno ricorda i colori, qualcuno non li ha mai visti. Qualcuno sente di aver perso qualcosa, ma tutti sono certi di aver guadagnato altro.

Per altri occhi è l’ultimo lavoro firmato da Silvio Soldini, questa volta assieme al suo ex aiuto e documentarista, Giorgio Garini. Un documentario di un’ora e mezza, prodotto dalla Lumière & Co di Lionello Cerri che lo distribuirà in sala nei prossimi mesi e che il Biografilm Festival di Bologna ha mostrato in anteprima assoluta. Un viaggio nel mondo dei non vedenti, iniziato un po’ per caso – Soldini è capitato per necessità sotto le mani di Enrico il fisioterapista che, tra una seduta e l’altra, gli ha raccontato del suo mondo – e poi diventato progetto, ricerca, scavo, doc.
Un esercizio di pazienza, anche da parte degli attori-protagonisti, che hanno lasciato che Silvio e Giorgio frugassero nelle loro vite, si intromettessero nelle loro cucine, in gita, nei privati.

Soldini, che strade avete seguito per diventare testimoni temporanei delle vite di questo gruppo di persone?
Per prima cosa abbiamo scelto quali persone seguire, ovviamente tra quelli che avevano voglia di raccontarsi e raccontarci la loro vita. Il primo dato con cui ci siamo piacevolmente confrontati è stato quello di un’estrema disponibilità e apertura. Noi vedenti abitualmente usiamo la vista per frapporre tra noi e l’altro un pregiudizio basato anche sul suo aspetto, sul suo modo di presentarsi. I non vedenti saltano questa barriera e hanno un’apertura iniziale molto maggiore.

Immagino che prima delle riprese voi aveste una traccia scritta, forse anche più di una traccia. Poi la storia e i suoi protagonisti vi avranno continuamente sorpreso… 
Questo accade quasi sempre nel caso di un documentario, non sai cosa succederà mentre stai girando. Certo, avevamo una struttura iniziale da seguire, ma poi per il resto ci siamo dovuti affidare al racconto dei nostri “attori”. Tra l’altro, non tutti i protagonisti erano stati scelti all’inizio del lavoro, alcuni sono entrati strada facendo, come Mario, ex centralinista e ora sciatore in pensione.

 

Tutto il gruppo di non vedenti che incontriamo nel vostro lavoro è appassionato di sport, anche estremi e difficili come lo sci, la vela, il tiro con l’arco…

E’ la cosa che ci ha colpiti di più, all’inizio. Vederli cosi tranquilli e ferrati in sport che nemmeno i vedenti affronterebbero con tranquillità. Non sapevamo di questa realtà sportiva dei non vedenti, e credo che come noi non lo sappia gran parte del pubblico. Ma nel doc c’è anche chi non fa sport, come Mario che invece si dedica alla fotografia.

Per scegliere i vostri otto protagonisti, quante persone avete incontrato?
Moltissime, anche perché poi la voce che stavamo lavorando a questo progetto si è sparsa a macchia d’olio. I non vedenti sono una comunità molto numerosa e anche strutturata in Italia.

Non avete incontrato qualche resistenza da parte di gruppi, associazioni o singoli?
Più che altro abbiamo incontrato alcuni che non avevano voglia di raccontare questo aspetto della loro vita. Abbiamo quindi scelto chi aveva voglia e desiderio di farlo.

C’è qualcosa del girato che avete poi deciso di non includere nel lavoro finale?
Qualche aspetto della vita dei non vedenti che avete preferito omettere? No, gli unici tagli fatti ci sono stati richiesti dalla lunghezza finale e da nessun altro criterio. Avevamo materiale per oltre tre ore di film e dovevamo scegliere 95 minuti. I tagli erano obbligatori.

Questa esperienza ti ha fatto venire voglia di proseguire nell’investigazione di “altre” percezioni, altre diversità?
Certo, il mondo dei non vedenti mi ha messo in moto molta curiosità, ma se continuerò o meno questo tipo di ricerca ora non posso dirlo.

Dopo la presentazione italiana al Biografilm, che storia inizia per questo doc?
Speriamo di poterlo portare presto in sala e soprattutto di trovare il modo di lasciarcelo per un po’. E’ un film che funziona bene sul passaparola, ha bisogno di tempo per entrare nel cuore della gente e fare il suo viaggio sullo schermo. Speriamo gli venga data l’opportunità.

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18 Giugno 2013

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