3/19, il nuovo film diretto da Silvio Soldini in uscita l’11 novembre con Vision Distribution, racconta la storia di un’affermata avvocatessa (Kasia Smutniak), nota nel suo ambito professionale per molte cause concluse con successo. Una notte Camilla sta camminando per Milano sotto la pioggia battente e finisce per fare un incidente. La vita della donna si complica quando si ritrova coinvolta in un caso: la morte di un giovane migrante nel sinistro stradale. Camilla non sa se ne è pienamente responsabile, ma il suo coinvolgimento nell’indagine la allontana dalla sua vita di successo per portarla a contatto con posti e realtà, in cui non si è mai ritrovata.
La donna stringe amicizia con Bruno (Francesco Colella), il direttore dell’obitorio, insieme al quale cerca capire chi sia la giovane vittima, trovata senza documenti, e provando a ricostruire la sua identità. In questo percorso di ricerca, però, Camilla impara a conoscere meglio sé stessa, scoprendo nuovi lati di sé, anche grazie alla vicinanza e al legame instaurato con Bruno.
“Camilla è poco empatica, poco umana – dice il regista – dovevamo farle compiere un viaggio per capire cosa veramente vuole. E’ un film di opposti: la morte, la vita, la ricchezza, la povertà, l’incontro tra due destini, una donna del ricco mondo occidentale e un ragazzo in fuga da una vita terribile. Si parte da un’idea e man mano i temi prendono importanza. C’è anche il tema del senso di colpa. Doppio, nel caso di Camilla, il che crea un cortocircuito anche se lei non ha veramente colpa di nessuno dei due drammi. C’è la morte ma anche la vita e la rinascita, credo anche che l’incontro con il vero direttore dell’obitorio di Milano, per me e Francesco, ha portato un arricchimento. Il cinema ti porta a questo, trovare luoghi e persone che altrimenti non consoceresti”.
“Oltre al tema dell’identità – aggiunge la sceneggiatrice Doriana Leondeff – ci stava a cuore raccontare di personaggi che si prendono cura, che si mettono in ascolto, magari spostati dalla loro traiettoria. Ci vuole tempo ma Camilla comincia intanto a prendersi cura di chi sta attorno a lei e poi di questo ragazzo ignoto”.
L’altro sceneggiatore, insieme a Soldini, è Davide Lantieri, che rivela “volevamo partire da un thriller psicologico ma l’immagine della donna sotto la pioggia ci ha portato su altri lidi”.
“Racconta una donna che lavora e si sente realizzata – commenta Smutniak – e del mondo degli avvocati corporate, dell’alta finanza, la Milano dei grandi grattacieli, degli affari, dei soldi che girano. Un ambiente poco raccontato o raccontato attraverso grandi cliché. Ma il lavoro di Camilla è anche un rifugio per non elaborare drammi, che non le permette di dedicarsi a sé stessa o a sua figlia. Qui abbiamo tanti livelli, il tema del cambiamento, la macchina da presa così vicina al personaggio che fa sì che chi guarda la storia assista in maniera intima a quello che accade a questa donna. E’ stata un’esperienza intensa, che ha provocato dei cambiamenti irreversibili anche dentro di me. E poi sì, la cura. Prendersi cura degli altri e di noi stessi. Anche io ho incontrato varie avvocatesse e hanno influenzato il mio personaggio. Erano tutte donne forti, con molte rinunce alle spalle, devo dire che nella vita ho avuto un percorso diverso, ho rinunciato a poche cose per fare carriera. La famiglia è sempre stata al centro della mia vita, ma anch’io mi sono trovata nella vita a dover fare cambiamenti, più o meno volutamente, e mi è vicino il tema dell’elaborazione del lutto. Conosco Milano per averci vissuto cinque anni ma nel frattempo è molto cambiata, ad ogni modo c’è molta verità in tutto quello che abbiamo fatto. Non seguo metodi, mi affido alla visione del regista e alla conoscenza di quello che faccio, ma voglio arrivare sul set anche senza sapere esattamente tutto, senza necessariamente spiegare a sé stessi quello che si fa. In una scena in macchina dove io e Colella dovevamo baciarci ho visto che Silvio era esattamente dietro a lui con la macchina da presa ed è stato lievemente imbarazzante, ma anche divertente”.
Smutniak è in collegamento perché venuta a contatto con un positivo, anche se per fortuna sta bene: “bisogna essere responsabili. Ho lavorato tanto nel periodo pandemico e sono stata fortunata, avevo molta paura di ammalarmi ma non è accaduto nulla. Questo disguido è minore, siamo ormai abituati, mi dispiace non poterci essere dal vivo”.
Colella dichiara: “Bruno è un dono che mi ha fatto Silvio. E’ un uomo molto migliore di me e questo per un attore è bello, interpretarlo è stata un’educazione sentimentale, volevo essere all’altezza di quest’uomo e la cosa mi ha coinvolto come persona. Non saprei comunicare l’entusiasmo di aver partecipato a questo film perché ho paura che sia scambiata per furia promozionale. Ma io amo che gli sceneggiatori e il regista si siano fatti delle domande, che attivano un processo di conoscenza e di effettiva educazione sentimentale. Uno spettatore attento può operare un’evoluzione anche vedendo il film. I sentimenti non sono solo un fatto culturale, si apprendono. E questo film li rilascia. C’è ad esempio una riflessione attorno alla morte, alla perdita. Bruno è luminoso e ha un equilibrio pur dirigendo un obitorio. Bruno lavora con l’elaborazione di quello che la nostra società rimuove. Camilla cercando l’identità del ragazzo cerca anche la sua. Tutti siamo troppo lontani dall’elaborazione del lutto e questo vale anche per la pandemia. Non abbiamo introiettato la tragedia, questo film mi ha insegnato anche questo, e quanto la rinuncia a certe ambizioni tipiche del lavoro e della carriera non è un modo di vivere la vita in sottrazione, se hai equilibrio puoi vivere in maniera semplice e in linea col proprio cuore. Lui non insegna qualcosa a Camilla, lui emana questo concetto e Camilla lo riconosce. La leggerezza del personaggio mi ha permesso di affrontare in maniera agevole tante scene, anche quella d’amore con Kasia”.
Caterina Forza interpreta la figlia di Camilla: “Ho sempre voluto lavorare nel mondo dello spettacolo, musica, teatro, cinema – dice l’attrice – e iniziare al cinema con questo lavoro è stata un’esperienza formativa bella e difficile. Sono molto fortunata ad aver trovato queste persone. Una lezione giornaliera continua”.
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