L’idea di un documentario su un uomo di teatro del calibro di Dario Fo, viene al regista Silvano Agosti quando gli capita tra le mani un’insolita notizia d’agenzia, nella quale legge che la sua opera teatrale va in scena ininterrottamente a Pechino da circa 18 anni. Grande successo, quindi, ma quel che colpisce soprattutto Agosti è che alla fine degli spettacoli venga proiettato un breve super8, unica testimonianza disponibile del lavoro e della carriera del famoso artista. Un po’ poco per un premio Nobel.
E’ allora che nasce il video-documentario Dario Fo–Un ritratto presentato al festival di Torino. Agosti ha raccolto un’ampia selezione di materiali di repertorio: spettacoli, trasmissioni televisive come “Canzonissima” del ’62, l’interpretazione nel film Lo svitato (1956) di Carlo Lizzani, e poi canzoni, ballate, storie recitate con grande capacità affabulatoria, i famosi grammelot “inglese”, “de la canzone di Scapino” e “di Colombo”, in cui l’artista fonde armoniosamente e con grande leggerezza parlate dialettali, suoni onomatopeici e lingue inventate.
Ma la peculiarità del documentario consiste soprattutto nei materiali originali, girati a casa di Fo, con Franca Rame che s’abbandona ai ricordi di una vita. Una visione quotidiana, quasi confidenziale, che rivela l’uomo: frammenti di tenerezza, l’impegno civile, la grande passione, fin da 18enne, per la pittura che ritiene “un altro modo di parlare”.
In chiusura di Dario Fo–Un ritratto una citazione di Goethe: “Anch’io avrei voluto essere un giullare, proprio come Shakespeare e Moliere”. Dedicata a chi, al tempo del Nobel per la letteratura, commentò che il premio veniva attribuito a un giullare.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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