Nuova immagine – realizzata dall’artista Carmine Di Giandomenico – ma stesso spirito che anima la Settimana internazionale della critica (30 agosto-9 settembre) da 32 edizioni a questa parte: la scoperta di ciò che è nuovo nel cinema mondiale. E in quello italiano. Che per fortuna si muove, nonostante il mantra della crisi, ripetuto da più parti, in direzioni inedite e feconde. E così sono due le opere inserite nella selezione di quest’anno, presentata oggi dal delegato generale Giona A. Nazzaro e dai selezionatori Luigi Abiusi, Alberto Anile, Beatrice Fiorentino e Massimo Tria: in concorso Il cratere di Silvia Luzi e Luca Bellino, come film di chiusura fuori concorso Veleno di Diego Olivares. A questo si aggiungano i sette cortometraggi di SIC@SIC (leggi il nostro articolo) selezionati in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà. Tra questi anche due eventi speciali, Nausicaa – L’altra Odissea di Bepi Vigna in apertura e L’ultimo miracolo di Enrico Pau in chiusura.
Ad aprire, fuori competizione, la 32ma Settimana è l’inglese Pin Cushion di Deborah Haywood, “uno strano oggetto – spiega Nazzaro – pensato da Angela Carter e messo in scena con lo spirito di Ken Loach. Uno scontro tra immagine barocca e operaista, che parla della scomparsa della classe operaia britannica attraverso la vicenda di un conflitto tra donne”.
Il cratere di Luca Bellino e Silvia Luzi (già autori del doc presentato alla Festa di Roma Dell’arte della guerra), è “film di estremo interesse, che gioca sull’ambiguità della definizione di documentario e si muove tra verismo e neorealismo. Un film di osservazione, con protagonisti una ragazzina che il padre vorrebbe diva del neomelodico sullo sfondo di una Napoli lontanissima da ogni stereotipo”. Dalla Germania arriva Drift di Helena Wittmann, viaggio di una donna attraverso due continenti, che viene descritto come “una esperienza sensoriale molto forte, un film che si vede coi timpani”, mentre il francese Les garcons sauvages di Bertrand Mandico è “il nostro film scandalo, qualcosa tra Genet, Fassbinder e Bava. Un film che cambia sesso, girato in pellicola e bianco e nero che contiene tutti gli incubi omofobi di un Mario Adinolfi”. E ancora lo svizzero Sarah joue un loup garou di Katharina Wyss, ispirato a un fatto di cronaca e stratificato tra cinema, teatro e opera, il danese Team Hurricane di Annika Berg, film punk che nasce dal team produttivo della Palma d’oro The Square ed è diretto da una giovanissima, la coproduzione argentina con Usa, Germania, Francia e Qatar Temporada de caza di Natalia Garagiola sul rapporto tra un padre che vuole essere riconosciuto e un figlio che lo respinge, il turco The Gulf di Emre Yeksan che propone una lettura inedita della società turca con echi quasi fantascientifici e un finale bellissimo e rivelatore.
Sulla forte presenza femminile (sono sei le registe quest’anno) interviene la selezionatrice Beatrice Fiorentino: “Non è certo questione di quote rosa o di scelte programmatiche, ma fa piacere trovare tante registe, sceneggiatrici, produttrici e attrici”. E Nazzaro aggiunge: “I film diretti da donne viaggiano con un bagaglio più leggero, non hanno la zavorra delle nostalgie e della cinefilia. Le autrici sono più libere, sensuali, divertenti”.
Infine del film di chiusura, Veleno di Diego Olivares (I cinghiali di Portici) i selezionatori parlano come di un’operazione intelligente sul cinema di genere, con riferimenti a Piscicelli, Giuseppe De Santis, Damiano Damiani e la sceneggiata napoletana. Ambientato a Villa Literno, nella terra dei fuochi, ha tra i protagonisti una Luisa Ranieri mai vista, “che si è dedicata al ruolo con il trasporto degno di una Loren o una Lollobrigida”.
E sullo stato di salute del cinema italiano contemporaneo, Nazzaro lancia un’analisi: “Si tenta di riportare il cinema tra le storie di ogni giorno, di reinventare la commedia in tono surreale, dal Nordest vengono cose interessanti e poco raccontate. Non tutto quello che abbiamo visto durante la selezione ci è piaciuto, ma fare brutti film è privilegio di una democrazia, i paesi che non fanno brutti film non fanno cinema. Tra i nuovi autori c’è un desiderio di fare cinema e di farlo col coltello tra i denti”.
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