E’ l’italiano nel “girotondo” di Rivette Va savoir. Il capocomico che non ha paura di definirsi “un saltimbanco”. A Cannes fa impazzire le signore, ma senza troppo prendersi sul serio (“ci sarà stata una caduta del gusto femminile”, scherza). E infatti il suo personaggio lo dedica a Marcello Mastroianni, maestro di understatement.
Ma il quarantacinquenne Sergio Castellitto ha anche un altro primato personale, quello di non volersi pronunciare sul voto italiano. “Di politica non voglio parlare”. Ne parlerà, in qualche modo, con L’ora di religione, il film di Marco Bellocchio di cui è protagonista. “Uscirà a ottobre, e mi vedrete nel ruolo di un uomo che vive conflitti con la moglie e il figlio per motivi non solo privati. Una cosa politicamente molto forte”. Poi, dopo aver portato sul piccolo schermo la storia di Padre Pio, sarà Enzo Ferrari, ancora una volta in un film per la televisione.
E’ stato un anno importante, questo. Tra Scola, Bellocchio e Rivette…
Sì, ho lavorato con autori meravigliosi. E Rivette è sicuramente uno di questi. E’ lui che mi ha cercato, mi aveva visto, credo, nel film di Tornatore L’uomo delle stelle. Per convincermi mi ha mandato un raccontino di quindici pagine, perché lavora senza sceneggiatura.
Come senza sceneggiatura?
Gli sceneggiatori se li porta sul set e ogni giorno viene fuori qualcosa. E’ un metodo che rende tutto molto vivo e naturale. La storia si sviluppa man mano.
Quindi neanche tu sapevi chi avresti scelto tra Camille e Dominique?
Assolutamente. Nessuno sapeva come sarebbe andata a finire tra noi.
In Francia sei molto amato da sempre.
Sì, ho lavorato molto qui. Anche con Luc Besson nel Grand Bleu, ma quasi nessuno se lo ricorda perché quel film non uscì mai in Italia.
Trovi grandi differenze nel modo di lavorare, tra noi e loro?
No, niente di sostanziale. La cuginanza vale anche al cinema. Poi adesso è diminuito lo snobismo con cui ci guardavano negli anni scorsi.
Non ti eri mai imbattuto in Pirandello nella tua carriera?
Mai, anche se qualche volta me l’avevano offerto. Comunque la regia del Come tu mi vuoi che si vede nel film è mia. Rivette aveva anche pensato a Goldoni, ma il veneziano di Goldoni era troppo arduo per una francese come Jeanne Balibar.
Pensi che abbiamo qualche chance di vincere?
La stanza del figlio è tra i favoriti, mi pare. Comunque mi auguro anche un premio per Rivette, lo merita per il film e per la sua carriera.
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