SERGIO CASTELLITTO


Alla domanda più banale, risponde sbuffando ma con un sorriso sulle labbra. Da Padre Pio a Ernesto Picciafuoco, l’uomo che ha il coraggio di mettere in discussione la santità di sua madre… il passo è lungo? “E’ un privilegio fare due personaggi opposti come questi. Eppure la lontananza è solo apparente, perché anche in Ernesto ritrovo qualcosa del misticismo di Padre Pio, è un artista e un artista deve desiderare qualcosa d’altro da sé, deve avere una nostalgia del divino”.
Sergio Castellitto, quasi cinquant’anni, sempre più bravo. Una carriera che alterna cinema d’autore e solida fiction televisiva con buona dose di ruoli internazionali, dove usa con autoironia la sua fisicità mediterranea. Presto lo vedremo – per dire – in Chi lo sa? di Rivette, l’anno scorso a Cannes, o nel tedesco Bella Martha dov’è un fantasioso cuoco italiano capace di ridare gioia di vivere a una chef tedesca alquanto depressa. Poi, di nuovo come regista dopo Libero Burro, sta pensando alla versione cinema dell’ultimo libro di sua moglie Margaret Mazzantini, Non ti muovere.

Davvero considera “L’ora di religione” come un film mistico?
E’ un film con una spiritualità altissima, un’intenzione religiosa molto forte. Marco si arrabbierà se lo dico, ma per me è un regista quasi ascetico.

Ha ripetuto spesso che il film non parla di religione.
E insisto. E’ un film sulle contraddizioni della società civile che usa in modo ipocrita religione e dogmi, che trasforma in business le relazioni umane e persino l’amore per i figli… Il film parla della coerenza, che manca a tutti e anche al mio personaggio: in fondo prende soldi da un editore di cui non condivide nulla.

E’ vero che era restio ad accettare questo ruolo?
All’inizio, quando lessi la primissima stesura del copione, non ci avevo capito niente. Bellocchio è un pittore, più che un regista… Ah, tra l’altro i quadri che si vedono nel film li ha dipinti lui, continuo a ripetergli di fare una mostra.

L’amore è la massima prova di ateismo, dice Picciafuoco. Lei è d’accordo?
L’amore è essere e sentirsi vivi. Stamattina, mentre venivo qui, ho incrociato al semaforo lo sguardo di un tassista: era una faccia priva di attese, non aspettava più neanche il verde. Beh, mi sono sentito fortunato, perché io continuo a immaginare un futuro.

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15 Aprile 2002

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