Séraphine: il pennello la rese immortale


“Quando ho digitato per la prima volta il nome di Séraphine de Senlis su Internet, sono apparse poche note biografiche e l’immagine di un quadro, che lì per lì, a essere onesti, non mi è parso granché”.
Lo dice il regista Martin Provost, autore del film Séraphine, basato sulla vita della pittrice antesignana del naïf che, nata umile donna di servizio, ha raggiunto con la sua arte, ispirata dalla sua profonda fede religiosa, alcune delle gallerie più famose del mondo.
Il film, nelle sale dal 22 ottobre, è stato scoperto lo scorso anno da One Movie e Movies Inside, che lo distribuiscono, grazie al festival di cinema francese France Odeon, che avrà quest’anno la seconda edizione, a Firenze, dal 21 al 24 ottobre, e di cui CinecittàNews è Internet Media Partner.

In patria è stato un successo: 7 premi César e grandissima affluenza di pubblico, realizzato grazie alla forza del passaparola.
“A colpirmi – continua il regista – è stato più che altro il percorso personale di questa donna straordinaria, segnalatomi da una mia amica, produttrice di un’importante stazione radiofonica, France Culture. Approfondendo, mi è diventato chiaro che in quella storia c’era qualcosa di molto potente, importante, che meritava di diventare un film. Ho iniziato a leggere tutto quello che c’era su di lei, era diventata un’ossessione. Ho letto anche la tesi di François Cloarec, uno psichiatra che aveva conosciuto Anne-Marie Uhde (sorella di Wilhelm Uhde, che scoprì la pittrice), e della quale possedeva le lettere, oltre a molti altri documenti. Quel lavoro è stato la mia fonte principale”.

Il ruolo della protagonista è affidato alla belga Yolande Moreau che, oltre a vantare un curriculum di tutto rispetto – l’abbiamo vista, tra gli altri, in Senza tetto né legge dell’85, e poi, più di recente, ne Il favoloso mondo di Amèlie e in Louise-Michel – è attualmente molto attiva sia come interprete che come regista. A France Odeon la vedremo al fianco di Gérard Depardieu in Mammuth e nell’horror La Meute, mentre sta preparando il suo secondo film da regista dopo Quand la mer monte…

E sarà anche protagonista del prossimo film di Provost, Ou va la nuit, un noir ispirato al romanzo irlandese “The Long Falling”, per l’occasione “traslato” in Belgio. Squadra che vince, non si cambia.

“Ho pensato subito a Yolande – afferma Provost – l’ho incrociata una volta al supermercato, perché abitiamo vicini, e ho scoperto che il costruttore della mia casa aveva lavorato anche alla sua. Così, abbiamo organizzato tramite lui un incontro, senza agenti. Ho passato un pomeriggio a convincerla e alla fine ha detto sì. Solo tempo dopo, nella biblioteca di Kandinsky, ho trovato l’unico ritratto conosciuto di Séraphine, fatto a matita da uno dei suoi vicini. La somiglianza era incredibile. Quando glie l’ho mostrato, Yolande ha aggiunto con tono pratico: “Non sarà granché lusinghiero, ma sono proprio io!” Se lei non mi avesse mostrato un tale entusiasmo, probabilmente mi sarei dedicato a un altro progetto”.

Ma Séraphine non sarebbe mai emersa senza l’intervento del critico e collezionista tedesco Wilhelm Uhde, primo ad acquistare un quadro di Picasso e scopritore del primitivista Henri Rousseau. Nel film è interpretato da Ulrich Tukur.
“Ho ritrovato un articolo titolato più o meno ‘Grande collezionista scopre pittrice: è la sua cameriera’. Mi interessava soprattutto questo incontro, intellettuale e spirituale, tra il mercante illuminato e l’artista ispirata”. Un’ispirazione che ha del mistico – nel film è avanzato il paragone tra Séraphine e Teresa d’Avila – dato che la missione artistica della protagonista ha inizio dopo la visione del suo angelo custode, che le intima di dipingere dei fiori per la Santa Vergine.
Altro tema fondamentale è proprio il contatto con la nautra: “I fiori che dipinge Séraphine – aggiunge Provost – assumono anche la funzione di metafora per tutte le esperienze, tra cui quelle sessuali, che lei sente di non aver vissuto”.
Il finale della storia, nella realtà, è tragico. Séraphine finisce i suoi giorni in manicomio, abbandonata da tutti, sola. Viene seppellita in una fossa comune.
La chiusura del film, pur senza contraddire i fatti, volge invece alla speranza e alla pacificazione.

“Non era mia intenzione fare un biopic – sottolinea Provost – infatti non ho parlato nemmeno della sua infanzia. Volevo raccontare la realizzazione dell’opera di questa donna rivoluzionaria che, partita dal nulla, è riuscita grazie al suo lavoro a riscattare la sua condizione sociale. E non solo. Un paio di mesi dopo l’uscita del film, ho saputo quale sarebbe stata la scritta desiderata da Séraphine sulla sua lapide: ‘Séraphine Louis Maillard – con il nome di sua madre – Aspettando la rinascita’. Ebbene, anche se la sua sepoltura non è stata come la desiderava, Séraphine è comunque rinata, attraverso la sua arte”.

Il film, infatti, ha una coda. Oltre sessant’anni dopo la personale organizzata da Uhde alla Galerie de France, dopo la morte dell’artista, a Parigi si è tenuta una mostra dedicata solo a lei.
“Séraphine è rivissuta grazie al film – conclude Provost – Nel corso della sua vita, non riuscì mai ad ottenere la personale in cui aveva tanto sperato – Uhde dovette rinunciarvi a causa della “Grande Depressione francese” – Mi ero ripromesso di esporre i suoi lavori a Parigi ancora una volta. Grazie a Dina Vierny, che comprò la collezione da Anne-Marie Uhde, si è tenuta una mostra al Musée Maillol. Anche al Musée d’Art Moderne c’è una stanza dedicata a Wilhelm Uhde, con molti bellissimi quadri di Séraphine. Sfortunatamente molti dei suoi lavori sono andati distrutti, perché al tempo la gente riteneva che non avessero alcun valore. Spero che oggi l’opera di Séraphine possa vivere ancora una volta alla piena luce del giorno, al di fuori del circolo degli specialisti. Ora che la conosco, anch’io capisco la sua opera e quando vedo i suoi quadri, non posso fare a meno di emozionarmi”.

autore
20 Ottobre 2010

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