“L’idea nasce dal prezioso lavoro che la Fabbrica del Cinema di Carbonia fa da molto tempo, ovvero la raccolta, la digitalizzazione e l’archiviazione dei materiali audiovisivi delle storie familiari creati negli anni 60-70-80… spesso in formato ‘Super 8’: è un archivio che negli anni è diventato molto corposo, fatto di singole storie che insieme rappresentano quella del territorio stesso”.
Così Daniele Gaglianone racconta a CinecittàNews la genesi di Sembrava non finire mai, il docufilm prodotto dalla residenza artistica del Carbonia Cinema Giovani Filming Lab, il progetto promosso dal Csc della Società Umanitaria di Carbonia che il regista, sceneggiatore, direttore della fotografia e montatore coordina da tre anni nella cittadina sarda.
Il film, realizzato da Erica De Lisio, Chiara Stravato, Francesco Dubini, Maria Elena Franceschini, Marco Mulana e Veronica Orrù, racconta il travolgente sviluppo economico degli anni ’80 in Sardegna, le lotte femministe e la vita semplice della sua classe operaia: il risultato è un’opera che esplora in una chiave del tutto originale il valore imprescindibile della memoria, acclamata nell’anteprima del Carbonia Film Festival 2024 (leggi qui il nostro articolo sulla manifestazione).
Guidati da Gaglianone, i sei giovani filmmaker, selezionati da tutta Italia attraverso bando, hanno scritto e diretto il documentario, che dopo esser stato proiettato anche al Modena Via Emilia Doc Fest, sarà distribuito sul territorio nazionale all’interno della rassegna itinerante di cinema del reale “L’Italia che non si vede”, promossa dai circoli cinematografici Arci.
La forza del vostro racconto, certamente, passa in primo luogo per quella delle immagini d’archivio. Ma anche con l’idea di immortalare le reazioni a caldo di chi in quelle immagini si rivede sul grande schermo, dopo così tanti anni.
“Il progetto era quello di proporre a chi aveva realizzato questi materiali audiovisivi – o a chi allora era il bambino o bambina, ragazzino o ragazzina protagonista delle riprese – e far vedere loro in sala, proiettato, questo materiale che non avevano mai visto, oppure non rivedevano da decenni, cogliendo le loro reazioni a caldo, le loro emozioni nel confronto con quelle immagini…”, continua Gaglianone. “E partire da lì per costruire un ritratto di queste persone, nel confronto tra il mondo di ieri e quello di oggi: fra le aspettative e i desideri del passato, e il loro presente. Chiedendo loro cosa allora immaginavano sarebbe stato il loro futuro, e cosa è diventato poi davvero, cioè il loro presente. La scelta è stata proprio quella di inquadrare le persone che guardano qualcosa che lo spettatore non sta ancora vedendo. Vediamo queste storie attraverso di loro, tramite il loro sguardo”.
Quei “loro” di cui parla il regista sono Alberto, Francesco e Mariella, che sullo schermo rivedono emozionati le loro storie singole e collettive, fin da quando qualcuno li filmava bambini. Seduti sulla poltrona di un cinema, riflettono così sulle sconfitte e i successi delle tante e diverse lotte che li hanno visti battersi per un mondo migliore, in un tempo così pieno di energia che “sembrava non finire mai”.
Alla fine sono sei i filmaker che firmano il documentario. Come si è svolta nella pratica la realizzazione del film?
“Il laboratorio di filmaking del 2023 è stato un lavoro collettivo” prosegue il cineasta. “Io proponevo alcune idee e modalità di racconto, di prospettiva nei confronti dei nostri protagonisti e del materiale, poi insieme discutevamo e lo realizzavamo. Quindi io dirigevo, ma poi seguivo partecipanti – tutti giovani dai 25 ai 30 anni – durante la realizzazione del film, non è che loro eseguissero i miei ordini… Alla fine è il loro film, che è il risultato di un vero e proprio laboratorio in cui ciascuno ha dato il suo contributo”.
Un bilancio di questo ultimo laboratorio di filmaking e i progetti futuri
“In questo momento sto facendo un nuovo laboratorio a Carbonia, questo è il terzo anno di ‘Cinema Giovani Filming Lab’. Alla fine devo dire che la proposta formativa per i ragazzi si è rivelata formativa anche per me in qualche modo, perché è un’occasione di confrontarmi con la sensibilità delle nuove generazioni, che, tutt’altro che uniforme, è assolutamente eterogenea, ma comunque diversa da quella che posso avere io: quindi per me è un incontro sempre molto stimolante”, prosegue Gaglianone. “Fino ad ora dai laboratori sono sempre emersi bei lavori, speriamo che anche da quello attuale, del 2024, ne esca un film di buon livello. Quest’anno non si parte da quegli archivi, ma comunque si resta sempre nel recupero della memoria, i nostri film sono sempre legati al racconto del territorio. La Sardegna in generale, e nello specifico il Sulcis, è un territorio che ha radici identitarie molto forti, che è stato attraversato nel tempo da non poche tensioni, legate a un certo tipo di industrializzazione che poi ha abbandonato il territorio stesso… Carbonia stessa è una città nata e concepita per lo sfruttamento minerario che ora non c’è più. Quindi è un territorio sempre in bilico tra quello che poteva essere, quello che è stato e quello che è, in una continua tensione tra passato e presente”.
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