Segre e la ragione di Stato di chi difende i confini

Protagonista di L’ordine delle cose, in sala dal 7 settembre, è un alto funzionario integerrimo del Ministero degli Interni, interpretato da Paolo Pierobon, impegnato nella Libia post Gheddafi


VENEZIA. I drammi e i diritti negati dei migranti da sempre sono la materia narrativa scottante e viva del regista Andrea Segre, sia nei film di finzione con la ragazza cinese trapiantata nella laguna veneta in Io sono Li o con il giovane africano in fuga dalla guerra libica ne La prima neve; sia nei tanti documentari realizzati tra cui l’ultimo Ibi presentato a Locarno. Anche con L’ordine delle cose (proiezione speciale) Segre con preveggenza si occupa dei disumani centri di detenzione in Libia, che dovrebbero essere sostituiti dai cosiddetti hotspot, e dei respingimenti oggi introdotti in accordo con la guardia costiera libica.
Ma questa volta protagonista di L’ordine delle cose è l’altra parte, un alto funzionario del Ministero degli Interni, interpretato da Paolo Pierobon, impegnato nella Libia post Gheddafi, insieme a colleghi italiani (Giuseppe Battiston) e francesi (Olivier Rabourdin), a bloccare l’immigrazione irregolare, trattando con le corrotte autorità locali.
Corrado Rinaldi, amato da moglie (Valentina Carnelutti) e figli, è un funzionario integerrimo, che cerca di tenere insieme la ragione di Stato con l’azione e la coscienza umanitaria.
E a inasprire questa difficile convivenza arriva improvviso l’incontro con una donna somala che chiede un aiuto per scappare dalla ‘prigione’ libica. Nella vita privata così precisa e scandita di Corrado si apre una crepa che mette in crisi quell’ordine delle cose che sembrava così solido.

“Abbiamo scelto di parlare di coloro che i confini li difendono. Perciò siamo stati nel sud della Sicilia a conoscere i poliziotti impegnati negli sbarchi e nella cooperazione tra paesi europei – spiega il cosceneggiatore Marco Pettenello – Si tratta di persone gradevoli, interessanti umanamente, ma la loro funzione contiene un elemento di spietatezza. Corrado Rinaldi è scisso tra la sua indole e quello che deve fare, una separazione sintetizzata da una frase rituale, ‘non dipende da me’ “.
Per il regista Corrado non è solo un uomo speciale, ma è uno di noi, un pezzo del nostro corpo. E’ grazie a questo personaggio che il film può aiutarci ad essere umani e a farci vivere la stessa crisi d’identità.
“La politica ha molto a che fare con il privato. Vorrei che il film smuovesse la coscienza civile dello spettatore”, dice Pierobon.

L’ordine delle cose, pensato 3/4 anni fa, esce in perfetta sintonia con gli eventi di politica internazionale, vedi il recente incontro a tre Macron, Merkel e Gentiloni alla ricerca di una politica condivisa sui migranti. “Alla base un lavoro di ricerca per rendere autorevole il racconto, perché la superficie mediatica ci dice poco – spiega Segre – Così ho capito che nello svolgersi delle vicende italo-libiche si stava affermando una violazione dei diritti umani per i quali l’Italia è già stata condannata”.

Per Battiston è un film politico ma non fazioso, perché pone domande ma non risposte confezionate. Una definizione che trova d’accordo il regista che ricorda che il film si apre con una citazione de Le mani sulla città di Francesco Rosi, in particolare il secondo cartello: ‘I personaggi e i fatti qui narrati sono interamente immaginari. E’ autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce’. Per Segre allora il cinema è politico quando racconta le tensioni politiche dell’epoca. 

Il film è stato girato in Sicilia e nella costa nord di Tunisi. Molte delle comparse hanno rivissuto la realtà dei centri di detenzione dove in passato erano stati. L’uscita nelle sale, con Parthénos dal 7 settembre, sarà accompagnata dalla pubblicazione e distribuzione di un pamphlet dal titolo “Per  cambiare  l’ordine  delle  cose”, con  interventi tra gli altri di Ilvo  Diamanti e Luigi  Manconi. Una  riflessione  sui  fenomeni  migratori  che  vuole  proporre  un  cambio  di  punto  di  vista  su quanto sta accadendo lungo i confini d’ Europa.

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