Scorsese: De Niro ha un progetto per me

Il regista dichiara: "E' un bellissimo copione e si chiama The Irish Man, Penso che potremo andare in produzione verso maggio o giugno del prossimo anno"


“Se penso di poter trovare un progetto per fare un altro film? Non so, De Niro ha un progetto per me, si chiama The Irish Man, ha un bellissimo copione”. Lo ha annunciato Martin Scorsese, in un’intervista a Tv2000 realizzata in collaborazione con il Centro televisivo vaticano, in onda stasera alle 21 con uno speciale dedicato al regista statunitense e al suo ultimo film Silence, sui missionari gesuiti nel Giappone del milleseicento, presentato nell’aula del Pontificio istituto orientale. “Penso che potremo andare in produzione – ha aggiunto Scorsese – verso maggio o giugno del prossimo anno”.

“Per un newyorkese trapiantato come me il silenzio è merce rara”, dice Scorsese. intervistato da ‘L’Osservatore Romano’. di Silence, ambientato nel Giappone degli shogun Tokugawa e delle loro persecuzioni contro chi si convertiva alla fede cristiana.
Il regista – scrive l’Ansa – insieme a sua moglie e le due figlie, al produttore del film e sua moglie, accompagnati dal prefetto della Segreteria per la comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò, è stato ricevuto dal Papa. Francesco ha raccontato ai presenti di aver letto ‘Silenzio’, il libro di Shusaku Endo da cui è stata tratta la sceneggiatura, parlando poi dell’apostolato dei gesuiti in Giappone (dove lui sognava di andare in missione) e del Museo dei 26 martiri a Nagasaki.

“Sono sempre stato abituato a vivere in un contesto in cui si intrecciavano le grida dei venditori ambulanti, l’arrotino che cercava clienti per strada, i vicini di casa che litigavano in molte lingue diverse – dice Scorsese -.A Little Italy il silenzio proprio non sapevamo che cosa fosse. Era come un villaggio ottocentesco pieno di caos. Per questo quando ne avevo bisogno mi rifugiavo in una piccola chiesa cattolica. O nel buio di un cinema. Sulla mia generazione ha avuto molto influsso l’esempio di George Harrison, che ci ha fatto capire l’importanza del silenzio e della meditazione; nel mio caso una grande svolta sarebbe poi arrivata nel 1987 a Gerusalemme durante le riprese dell’Ultima tentazione di Cristo. Il silenzio permette di trattenere le cose, capirle, assaporarle, non vederle sfumare via insieme al rumore di fondo. In certe occasioni una stanza vuota può essere il migliore alleato”.

Le riprese del film “sono state lunghe e faticose, nei dintorni di Taipei, come una specie di pellegrinaggio. Un lavoro così ti assorbe per mesi: l’attenzione a non sforare con il budget, la lotta continua contro gli imprevisti. Non c’è spazio per nient’altro”. A proposito del lavoro con i gesuiti, “padre James J. Martin e gli altri sono stati molto attenti, molto accurati e collaborativi. Ci hanno aiutato a evitare ingenuità, errori di ambientazione, errori nel comportamento dei singoli personaggi. Anche ad affrontare un tema delicato come il rapporto tra speranza e disperazione, terrore e forza interiore, caduta e rinascita”.
Per quanto riguarda l’impatto con la cultura giapponese, “mi ha colpito la serietà nel lavoro degli attori giapponesi; non uscivano mai dai loro personaggi, neanche a telecamere spente. Totalmente presenti a loro stessi, totalmente concentrati. La pazienza dei traduttori è stata determinante per comunicare ogni dettaglio e ogni sfumatura”.  

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01 Dicembre 2016

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