Scamarcio: “Gli abbracci difficili padre-figlio, amore che c’è ma non si dichiara”

Il ladro di giorni di Guido Lombardi, con Scamarcio, esce il 6/2: parola ai protagonisti


Era lo scorso autunno quando Il ladro di giorni passava in anteprima sul grande schermo della Festa di Roma. Un titolo scritto in parallelo per la carta, perché fosse – come poi è diventato con la pubblicazione nel 2019 – un romanzo e, al tempo stesso, per il cinema, non in una forma trasposta, ma in una scrittura avvenuta in contemporanea, con la medesima storia e i medesimi protagonisti: un padre, Riccardo Scamarcio, un figlio, l’esordiente e convincente 13enne Augusto Zazzaro, per un road movie dal tono mélo, alla ricerca del rapporto padre-figlio, non autobiografico ma nato da un’esperienza infantile dell’autore, Guido Lombardi. “Vi racconto un episodio di quando ero piccolo: mio padre era giudice e un giorno mi portò con sé in ufficio, dove mi resi conto che aveva ‘un’altra vita’ – i colleghi, la pausa caffè… Così volevo raccontare, con l’artificio narrativo di quattro giorni di viaggio, la conoscenza di un genitore”, nel film Riccardo Scamarcio, Vincenzo, un galeotto appena uscito dal carcere con la fame di vendetta e che subito cerca il figlio, orfano di mamma per malattia, pertanto cresciuto con gli zii nel “quasi tedesco” Trentino, una delle Regioni del film, con Campania e Puglia. “Augusto è stato una spugna! Sono imprevedibili i bambini, è vero, ma io adoro ‘gli incidenti’, sono pronto ad adattarmi a quello che accade, per cui bambini e animali – in questo senso – sono fantastici, anche se lui era diligente, più responsabile di me”, racconta l’attore. “Mi piaceva che questo padre, mezzo criminale, scoprisse questo bambino dallo spirito indipendente, di cui diventa quasi un socio, con alla base la dinamica del rapporto ancestrale padre-figlio: la storia è un’escalation emotiva del loro ritrovarsi, oltre che della narrazione. Con il mio papà – perso qualche anno fa – avevo un ottimo rapporto: il cinema a volte coincide con la vita. Penso, con il film, abbiamo potuto mettere in scena anche le dinamiche di pudore, gli abbracci difficili tra maschi, ma per assurdo più potenti, per un amore che c’è ma non si dichiara”.

Girato quasi in sequenza, da Nord a Sud, per sette settimane, Il ladro di giorni – già Premio Solinas nel 2007 –  rispettando la corrispondenza dei pilastri portanti, fa annotare però delle differenze tra scritto per il libro e scritto per il grande schermo, come spiega Guido Lombardi: “Il romanzo è più esaustivo sul figlio, mi sono calato nel bambino di 11 anni, scrivevo quasi come fosse una scrittura automatica: inevitabile, al cinema, che invece l’istinto di vendetta di Vincenzo dominasse, ma spero di aver mantenuto un equilibro, cercato anche con i miei co-sceneggiatori. L’idea è che fossero le immagini ad avere una potenza emozionale, evocativa, anche con l’uso dei silenzi. La battuta del ‘dammi un bacio’, o la storia del tuffo, sono state disseminate fino all’apice del finale, per rafforzare la carnalità padre-figlio, come da suggerimento di Nicola Giuliano, produttore per Indigo, che ha molto contribuito a profilare il film. Poi, era la prima volta che mi confrontavo con un attore di così grande esperienza come Riccardo, che, di certo, mi ha fatto imparare a gridare più forte ‘azione’, perché il tono contribuisce a dare la carica”, chiosa il regista, con il suo – più affine – tono riflessivo. 

Dal 6 febbraio al cinema con Vision Distribution, coprodotto da Bronx Film, Indigo Film e Rai Cinema

 

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29 Gennaio 2020

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