Il rapporto tra Ridley Scott e la fantascienza è da sempre proficuo. Ma Sopravvissuto – The Martian, in uscita con Fox, interpretato – tra gli altri – da Matt Damon e Jessica Chastain e tratto da un romanzo di Andy Weir (inizialmente pubblicato a puntate come eBook e conosciuto in Italia come L’uomo di Marte) si discosta sia dalle derive distopiche di Blade Runner che dalle sfumature fantasy e horror di Alien e Prometheus, abbracciando una forma di sci-fi più ‘realistica’ e scientificamente credibile (entro i limiti di una necessaria romanticizzazione cinematografica), più vicina ai recenti Gravity e Interstellar, a cui aggiunge però ritmo – grazie alla sapiente sceneggiatura di Drew Goddard – e abbondanti dosi di avventura e ironia, che assume in questo caso una funzione narrativa importante.
E’ infatti proprio la capacità di tenere alto l’umore una delle caratteristiche che aiutano il protagonista – un astronauta rimasto abbandonato su Marte, in un prossimo futuro – a sopravvivere in un ambiente desertico e ostile, arido e ancora inadatto alla sopravvivenza dell’uomo. E’ dunque assolutamente pertinente che a presentare il film, in un evento speciale organizzato con l’Agenzia Spaziale Italiana presso l’Università di Tor Vergata, sia stato chiamato chi nello Spazio ci è andato davvero, ovvero Samantha Cristoforetti, Astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea e Capitano Pilota dell’Aeronautica Militare (impeccabilmente in divisa), protagonista della missione FUTURA, la seconda missione di lunga durata dell’Agenzia Spaziale Italiana sulla Stazione Spaziale Internazionale. “Il film è pura fiction – spiega – almeno per ora. Però alla possibilità di mettere piede su Marte si sta lavorando. Se un giorno mi offrissero di andare lo farei ben volentieri, anzi ci conto. Non avrei troppa paura perché in realtà è un ambiente che stiamo imparando a conoscere, grazie alle sonde e ai robot che ci fanno da apripista. Ma per quanto l’intelligenza artificiale possa svilupparsi nei prossimi anni l’esplorazione compiuta dagli uomini è ancora la più efficace, per la nostra capacità intuitiva e di fare dei collegamenti, caratteristica principale anche del protagonista del film, che riesce a sopravvivere sfruttando al meglio i pochi mezzi che ha a disposizione. Del resto la capacità di far fronte alle avversità, restando padroni di sé stessi, è una delle doti psicologiche più richieste da chi vuole intraprendere questa strada, e poi viene supportata da studi e allenamento. Ho ancora nostalgia dello Spazio, come se fosse mal d’Africa. Per duecento giorni ho frequentato solo cinque persone, tornando sulla Terra gli ambienti affollati mi mettono un po’ d’ansia. Ma sono opportunità professionali impareggiabili, senza contare l’onore di aver fatto parte di una squadra tanto affiatata”.
L’evento, moderato dal giornalista Antonio Polito e con la rivista di divilgazione scientifica Focus come media partner, riveste particolare importanza considerate le recenti scoperte di tracce d’acqua salata su Marte – o più precisamente di Sali idrati, che presuppongono la possibilità di vita sul pianeta – e l’imminente partenza della missione europea EXOMARS, in cui l’Italia gioca un ruolo di primo piano. Obiettivo principale della missione sarà, tra gli altri, la ricerca di tracce di vita passata e presente su Marte, la caratterizzazione geochimica del pianeta, la conoscenza dell’ambiente marziano e dei suoi aspetti geofisici e l’identificazione dei possibili rischi per le future missioni umane. A parlarne intervengono Roberto Battiston, presidente dell’A.S.I. (Agenzia Spaziale Italiana), Fabio Favata, responsabile del coordinamento delle missioni scientifiche dell’E.S.A. (Agenzia Spaziale Europea), e Claudio Salerno, Capo Ufficio Generale per la Comunicazione dell’Aeronautica Militare Italiana.
“Come è possibile che non ci siamo accorti prima della presenza del ciclo dell’acqua su Marte? – spiega Battiston – perché i sensori dei satelliti sono imprecisi. Uno è troppo miope, l’altro troppo lontano. Se avessimo potuto esserci fisicamente lo avremmo scoperto in quindici giorni. Per questo è importante pensare alla possibilità di mettere piede sul pianeta da parte dell’uomo. Lo faremo, come abbiamo scoperto prima il ferro e il fuoco e poi il motore a scoppio, per questo innato spirito di conquista dell’uomo. C’è una data programmata, il 2030. Ma chiaramente bisogna fare i conti con una serie di cose. Ci vogliono manovre di avvicinamento e studi su come usare le risorse nello spazio, un po’ come avviene nel film. Se prendi un asteroide, è una riserva di ossigeno e idrogeno, una vera e propria stazione di rifornimento. Lo spazio è alla nostra portata, ma richiede i giusti tempi. Come abbiamo imparato a navigare o volare. Il film insegna un’altra cosa: se hai necessità di sopravvivere puoi ottenere quello che ti serve con pochi mezzi e in pochi minuti. Ma al momento non abbiamo urgenza di sbarcare su Marte, ci spinge solo la curiosità scientifica. Ci vogliono così tanti soldi che è normale che l’orologio cammini piuttosto lentamente”.
“Lo sbarco potrebbe essere dietro l’angolo – commenta Favata – e l’Europa gioca un ruolo importante. Marte è difficile, ma noi abbiamo già piazzato un satellite su Saturno, che è molto più lontano, e portato a compimento con la missione Rosetta il primo atterraggio su una cometa. Gli americani hanno detto che siamo stati coraggiosi. L’Europa insieme fa delle cose che il mondo invidia. E poi si tratta di un percorso pieno di sorprese. Abbiamo scoperto che attorno a Marte c’è il metano, ma non sappiamo da dove possa provenire. Exomard prevede due atterraggi. O dovremmo dire, ‘ammartaggi’, prima con un lander e poi con un rover, una macchinetta che è capace di penetrare in profondità con una trivella. Un giocattolo tecnologico che sarebbe il sogno di ogni bambino. E ci aspettiamo di trovare sorprese. Magari delle forme di vita, magari fossile o primordiale. La superficie del pianeta è acida, ma se sotto c’è acqua e ghiaccio potremmo scoprire qualcosa di interessante. Il problema di Marte è l’atmosfera, così poco densa che i paracadute non hanno aria su cui fare presa. Ci sono stati tanti tentativi non riusciti. Scopo della missione è intanto dimostrare la capacità di atterrare e poi di muoversi in superficie.
“Tra aeronautica militare e spazio – conclude Salerno – il rapporto è inscindibile. Aria e atmosfera formano un continuum, e se oggi si va nello Spazio è anche per merito di pionieri come il colonnello Pezzi (primatista mondiale con un volo ad alta quota con un aeroplano ad elica) e il generale Broglio, ideatore del Progetto San Marco, un progetto di cooperazione tra Italia e USA che ha portato alla messa in orbita del primo satellite italiano. Oggi su quattro astronauti dell’E.S.A. tre sono piloti dell’Aeronautica, la loro formazione è un viatico forte per la realizzazione di questi obiettivi. Il cinema rappresenta un mezzo molto importante. Ricordo precedenti in Apollo 11 e Armageddon, ma per noi dell’aeronautica l’impennata di richieste in Accademia è stata con Top Gun. Tutti i ragazzi volevano imitare Tom Cruise. Per seguire questa strada però ci vuole il fuoco e la passione. Per essere piloti non serve essere degli eroi: bisogna essere persone normali, come diciamo noi, ma al contempo molto speciali”.
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