Salvatores: “Il prossimo film, già scritto ma da girare, è un noir da ‘La variante di Lüneburg’ di Paolo Maurensig”

Il regista, protagonista di un incontro con Gianni Canova e Paola Jacobbi, con cui ha scritto il suo libro appena edito, 'Lasciateci perdere'. Un'ampia flessione sul genere Noir, disseminato in tutto il suo cinema, anche quello a venire

Gabriele Salvatores

MILANO – “Il Noir è un sentimento che devi avere dentro: per esempio, a me la vita, lo devo dire sinceramente, ha sempre fatto paura, è vero; perché, infatti, sto bene al cinema? Perché riesco a controllare le cose, mentre nella vita no. Questo gioco che il caso può fare, l’imprevedibilità di quello che ti succede, la non possibilità di controllare, e il mistero che c’è dentro la vita, è un sentire, il vedere il lato buio, ecco cosa io consideri ‘noir’. Ho vissuto per un po’ a Roma, una città con cui ho dei problemi personali, seppur sia meravigliosa: comunque, mi piaceva molto tornare di notte a casa a piedi, attraversando il centro, perché – come diceva Pasolini – sì, sarà anche una puttana che ti promette tante cose e non te le dà, però è anche una città che si lascia camminare addosso, si lascia toccare e quindi… cosa vuoi di più da una puttana, se non tutta questa disponibilità? E Roma, quando sono in pace con me stesso, mi permette di guardare i monumenti, e delle volte, quando invece ho un po’ più di ansia, può essere anche molto paurosa, nelle sue stradine deserte: quel sentimento lì, che ogni tanto arriva, è un sentimento ‘noir’, legato anche alla malinconia. Io sono nato Leone con ascendente Cancro, in forte contraddizione, il Sole e la Luna, il maschile e il femminile”, questo, per Gabriele Salvatore, significa ‘noir’, al di là del genere letterario cinematografico.

E da qui prende spunto Gianni Canova, accanto al regista sul palco dell’Università IULM per l’incontro che parte del suo libro – scritto con Paola JacobbiLasciateci perdere: il Professore, infatti, gli fa notare che “il libro finisce proprio sul segno zodiacale… e finisce dicendo che sta entrando nella costellazione di Urano… Il prossimo film potrebbe andare nella direzione della profezia?”.

Salvatores ha annunciato così quale sarà, e sarà un Noir: “non l’ho ancora girato, ma l’ho già scritto, da un libro bellissimo, La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig. Non ho mai scritto molto da solo, questa volta è successo: non vedo l’ora di fare questo film”.

Canova poi torna al libro, quello autobiografico, e fa notare che “ci sono legami biografici col Noir: ‘…detesto l’alba, mentre dal crepuscolo in poi… finché arriva la notte,’ – cita il Professore, e questo fa pensare proprio ai tuoi primi film, in cui ricorre la parola ‘notte’…”.

“…avrò avuto un parente vampiro”, ironizza il regista.

Per Paola Jacobbi: “c’è una traccia noir nel suo cinema e uno dei film che ama di più è infatti Educazione Siberiana, che più nero di così non si può; ma anche Denti, con un’atmosfera nera; e ancora, c’è Quo Vadis, Baby? sicuramente con più di un contatto col Noir in senso ampio”.

“Ho cominciato a fare cinema con film solari – a parte Kamikazen – e poi è successo che con una botta di culo Mediterraneo abbia vinto l’Oscar, così – per contrasto, per non essere etichettato – ho cercato il dark side of the moon del mio immaginario”, riflette Salvatores.

Torna ancora sul libro, Canova, e domanda diretto: “hai passato una vita a raccontare e poi hai deciso di raccontarti? O questo lo facevi già prima e qui non ti racconti davvero?”.

“Non ho mai fatto un’autobiografia ma dentro cose precedenti, nei film, si nascondono dettagli, ed è così fino a Il Ritorno di Casanova. Io non volevo scrivere questa autobiografia, scrivere in prima persona su di me, anche perché ho una memoria schifosa su me stesso, e poi mi sembrava fosse autocelebrativo, però, poi, Paola mi ha proposto di parlare liberamente e così è uscita una sorta di seduta di psicanalisi. Infatti, il libro non segue una linea temporale; è uscito un divertimento a ritrovare le cose della vita”.

“Sì, trovando collegamenti che non ti aspetteresti col cinema. Per esempio, Gabriele ricorda quando da bambino si fece una maschera di cartone, da tigre, per spaventare il condominio e… così poi ha pensato che fosse lo stesso tema de Il ragazzo invisibile”, commenta lei.

Canova, sempre sul libro, si concentra sul titoloLasciateci perdere, di cui “una delle possibilità d’interpretazione è ‘lasciateci perdenti’, come è l’idea dell’eroe noir”, fa notare.

Per Salvatores “un legame col Noir c’era già nel mio Sogno di una notte di mezza estate, per cui dopo una notte sconvolgente c’è il ritorno a casa, per paura. Shakespeare, tra i miei preferiti, è un autore molto noir”.

Ammessa queste passione letteraria, “quali sono le passioni cinematografiche in ambito Noir?” domanda il Professore al Regista.

“Sul Noir, più che fare nomi di registi, starei prima sul concetto: c’è quello ben fatto dei grandi maestri francesi e poi dagli americani, che hanno saputo trasformarlo in una maniera nuova, penso a Il braccio violento della legge o ai film di Friedkin. Il Noir è interessante perché è una lente non perfettamente a fuoco sulla realtà. Io sono rimasto sbalordito da Twin Peaks, e Mulholland Drive rimane uno degli esempi di riferimento: Lynch, emozionalmente, è noir; Cronenberg lo amo molto. È curioso come il Noir, anche italiano, adesso sia riuscito a trovare una strada interessante”.

“Grazie anche a iniziative culturali a sostegno, dal MystFest prima, al Noir in Festival da 33 edizioni a questa parte, capaci di favorire una mutazione culturale”, fa notare Canova.

“Se ho dato un piccolo contributo – continua Salvatores – è perché dopo l’Oscar mi sono sentito di provare a usare quel ‘super potere’ non richiesto, l’Oscar appunto, tentando di fare film che in Italia non lasciavano fare, come Nirvana”.

“Nel Noir – fa notare il Professore addentrandosi negli stilemi del genere – un ruolo fondamentale è la figura femminile. C’è qualche donna noir nel suo cinema?”.

E qui prima risponde Jacobbi, per cui “si apre un archivio. I suoi primi film sono più concentrati su personaggi maschili. In realtà, i personaggi femminili ci sono come dee ex machina della narrazione, come l’investigatrice di Quo Vadis, Baby?, lei anticipa tantissimo tutte le donne del cinema d’azione degli ultimi anni. Così nel triangolo di Turné il perno è Laura Morante, che vuole tenerseli tutti e due, gli uomini, senza aver lei il cuore spezzato: è una specie di dark lady dei sentimenti”.

“Mi viene in mente una cosa che non ho raccontato”, interviene l’autore. “C’è un romanzo israeliano, Per amore di una donna di Meir Shalev, in cui c’è un bambino contadino e una donna che non sa scegliere tra tre uomini, molto differenti: una notte lei decide di fare l’amore con tutti e tre e rimane incinta, ma non sa di chi sia; lo dice a tutti e tre, e comunque secondo lei ciascuno può insegnargli qualcosa. Un giorno, il bambino guarda gli uccellini che si becchettano, sembrano bacini, ma non lo sono: ‘sì, dice il contadino – uno dei tre – perché sono sempre in una gabbia’; e la cosa bella, per il maschio di quella specie, è che le femmine nella bella stagione tornino, e così lui scopre la riconoscenza; credo che i muscoli maschili dovrebbero proteggere il loro volo, che non significa perderle, ma lasciare vivo il mistero del femminile, quello che ha sempre fatto paura agli uomini; è un’inafferrabilità che va protetta, è un compito dei maschi”.

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