MILANO – E’ come un film, una storia che comincia e finisce, un episodio autoconclusivo, fatto “per uscire un secondo dagli schemi della serialità, per cui abbiamo provato a concentrarci – per un episodio – sulla vita di un solo personaggio chiuso, dentro una dimensione chiusa, per vedere cosa sarebbe successo a questa ridondanza inserendo un elemento esterno”, spiega Ciro Visco di Bèn Dàn,VI episodio di Gangs of Milano – Le nuove storie del Blocco, storia verticale dedicata interamente a Snake, interpretato dal rapper Salmo, anche supervisore musicale della serie.
Questo directors’ cut – con interpreti anche Alessandro Borghi e Elisa Wong – ha aperto le danze del Noir in Festival 2024, un’anteprima assoluta nella prima serata, nell’attesa della visione su Sky, annunciata per la primavera 2025.
Il titolo, quel “Gangs of…”, strizza l’occhio a Scorsese, risuona dal principio, ma “New York” si trasforma in “Milano” e Visco spiega che “nella serie ci sono molte realtà raccontate dal punto di vista crime, perché è una serie crime che inevitabilmente ha questo impianto, per cui il pensiero è stato naturale rivolgerlo a qualcosa che rimandasse a quella fascinazione: ovviamente, era goloso potersi ispirare a qualcosa che è stato una guida, per cui abbiamo pensato che potesse essere, anche con ironia, la giusta nominazione di questa serie, il giusto modo per dargli una nomenclatura e una forma. Detto questo, ovviamente, prende un altro abbrivo, va altrove, si concentra molto sulle psicologie e lascia un po’ perdere quelli che sono gli archetipi, nel tentativo di seguire il personaggio: sappiamo tutti che la serialità vince laddove il personaggio è protagonista, dove la sua psicologia cresce, ce l’hanno fatto capire benissimo i grandi Marvel con i super eroi con gli attacchi di panico, così, nello stesso modo, noi abbiamo tentato di dare ai nostri personaggi una catarsi, qualcosa che potesse esprimere quello che provavano in relazione agli eventi intorno, e nel modo in cui questi condizionavano la vita. Il titolo Gangs of Milano nasce anche dalla voglia di dare una concretezza, dal sottolineare come ognuna di queste realtà fossero sì delle piccole gang, parola che a volte ha un utilizzo sbagliato, perché è associata a tutto ciò che è malavitoso, criminale, mentre è un modo di riconoscersi, un’appartenenza, significa avere gli stessi codici, paradossalmente qualcosa che succede anche con i nostri stessi amici”.
Dunque Salmo torna nei panni del suo “serpente”, Snake appunto, dimostrando di essere un artista in continua evoluzione: “l’idea era far capire che persone che hanno a che fare con la criminalità a volte nell’intimità sono sensibili, non per forza uno come Snake dev’essere un robot: l’idea era aprire il personaggio e farlo diventare una persona normale, un cucciolone”.
Di Salmo è anche la supervisione musicale della serie, in cui palpitano insieme trap, drill, techno, e anche classica, riuscendo in un’identità musicale che fa danzare insieme contrasto e armonia: “la fortuna è una squadra di amici musicisti, per cui abbiamo lavorato tutti col cuore, e anche Ciro stesso è musicista, per cui abbiamo parlato la stessa lingua: lui ci ha indicato cosa avesse in testa e noi siamo riusciti a tirar fuori il suo desiderio; la parte della cura della colonna sonora è veramente interessante per uno come me che fa musica, seppur io abbia fatto da supervisore, non abbia suonato, anzi sì, ho suonato la batteria; il processo creativo è molto interessante, perché diverso dal fare un disco: qui con il suono puoi accompagnare l’emozione delle immagini”.
E, oltre alla “scrittura” della musica, Visco racconta che Salmo, seppur non scrivendo letteralmente la sceneggiatura, lo abbia “molto aiutato a scrivere il personaggio, a crearlo. Lui aveva molto presente il percorso di Snake: nella serie precedente aveva fatto un lavoro invidiabile, era in grado di sapere esattamente cosa facesse o meno il personaggio; mi ha aiutato tantissimo nello sviluppo della sceneggiatura perché su alcuni aspetti, in modo molto diretto – che è una nostra forza – mi diceva ‘questa cosa il mio personaggio non la farebbe, questa cosa non la direbbe’, arrivando a darmi dei particolari che sono quelli che poi fanno la differenza, dettagli che infine danno la forma, restituendo la profondità del personaggio, a dimostrazione che la scrittura non si faccia sempre con la penna”.
Salmo continua il discorso ammettendo che “però non tutti i registi ti danno corda, sono stato fortunato ad aver trovato un compagno con cui poter lavorare così”, in fondo anche una piccola palestra per uno come lui che non disdegna l’idea di fare il regista: “infatti gli ho rubato un po’ di dettagli, poi Ciro è anche molto tecnico, molto attento al particolare, e a me piacciono molto i particolari”. Conferma, Visco, ammettendo di avere “un lato tecnico abbastanza evoluto, però molte cose le ho rubate anche io da lui, perché la mia idea di regia è che tu parta con una visione precisa e una cura del dettaglio, ma poi ti debba scontrare con quelle che sono le modalità di girare, per cui la tua idea viene ridimensionata a seconda dei tuoi interlocutori; Salmo è stato fondamentale perché nel momento in cui ero oberato da mille informazioni intorno, per cui il regista dev’essere un equilibrista, con lui avevo una spalla che mi confermava di non preoccuparmi, perché le cose gli erano chiare. C’è da aspettarsi una grandissima varietà in questa serie: tutto il lavoro, prima narrativo, e poi con gli attori, è stato fatto anche grazie a un comparto produttivo che ci ha seguiti in una parte molto complessa, perché si tratta di una serie tutta in esterni, senza teatro, per cui tutto quel che si vede è la vita reale di qualcun altro che noi abbiamo modellato e cambiato; non è una serie totalmente lineare per la grammatica registica, perché tenta di seguire un po’ le emozioni dei personaggi: i primi due episodi sono rocamboleschi, anche nel tentativo di lanciare tutte le linee, che sono molte, dei personaggi; con un’evoluzione che segue la grammatica estetica, con il terzo e quarto episodio vicini a una mid-season, in cui si ha la possibilità di esplorare le psicologie; per poi arrivare a metà con l’episodio cinque, che riassume un po’ tutto quel che è successo precedentemente e prepara a un rilancio finale; fino al sesto, un esempio di fantasia, che appartiene al mondo cinematografico; la sette è un pre-showdown e la otto, che a me ha molto emozionato, spero susciti altrettanto”.
Per Salmo “questa serie è più bella della prima ed è autosufficiente rispetto alla prima”, affermazione che per Visco: “è un’informazione importante, e la serie evolve, e tutti quanti hanno lavorato come un’orchestra, un lavoro corale raro, per cui c’è stata grandissima sincronia generale, quindi, spero offra agli spettatori una altrettanto meravigliosa sinfonia”.
Gangs of Milano, in-house production Sky Studios, è prodotta con TapelessFilm e Red Joint Film: nel cast tornano la Misa di Bea, Laura Osma; torna il Blocco di Madhi, Andrea Dodero, che sarà costretto a prendere decisioni difficili e a fare i conti con sentimenti repressi; e torna la Milano da bere di Ludo, Alessandro Piavani, incapace di mettere a tacere il senso di colpa che lo divora; con loro ecco anche il dealer Lorenzo, interpretato da Alessandro Tedeschi, che dopo aver avuto un incontro ravvicinato con la morte ha scoperto una profonda spiritualità. Il vertice della Kasba fa rima con Zak, interpretato da Fahd Triki, che coltiva il suo talento da trapper sperando di sfondare; legato a lui come a un fratello c’è Nael, Noè Batita, irrequieto, irruento, impulsivo, che alimenta le tensioni con gli altri abitanti del Blocco.
foto di copertina, credits – Moris Puccio
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