Vista l’esperienza positiva di due anni fa qui a Venezia con Viva Zapatero!, documentario girato da Sabina Guzzanti sulla situazione politica e televisiva in Italia, la regista-attrice torna al Lido con un nuovo film sperando che il fenomeno possa ripetersi. L’opera si chiama Le ragioni dell’aragosta, ed è stata presentata oggi alle Giornate degli autori. Interpretato dal vecchio gruppo di “Avanzi”, formato da Pierfrancesco Loche, Cinzia Leone, Antonello Fassari, Stefano Masciarelli e Francesca Reggiani riunitisi per l’occasione insieme alla regista dello storico programma di RaiTre Franza Di Rosa, il film è una sorta di falso documentario in cui il gruppo di comici capitanati dalla Guzzanti decide di allestire uno spettacolo a Cagliari per dare visibilità ai problemi della Cooperativa di pescatori di Su Pallosu, piccolo centro sardo. Da anni infatti la pesca nella zona è sempre meno fruttuosa al punto da far pensare ad una estinzione delle aragoste in un futuro non lontano. Dalla loro i pescatori hanno Gianni Usai, un ex operaio Fiat con un passato da sindacalista tornato nella sua Sardegna dopo 18 anni di lotte in fabbrica a Torino.
E’ grazie alla sua esperienza personale e politica che dura dal ’62 ad oggi che i pescatori di Su Pallosu hanno potuto creare la propria Cooperativa.
Come nel branaghiano Nel bel mezzo di un gelido inverno però lo spettacolo sarà solo un pretesto per far uscire allo scoperto paure, insicurezze e dubbi di tutti i partecipanti. Dando vita così ad una gigantesca pièce sulla fragilità umana. C’è Pierfrancesco Loche che ha paura di tornare in scena e fa le bizze come i cavalli al sol pensiero, Fassari che confessa di non essersi mai trovato a suo agio durante il periodo di “Avanzi”, e la Leone che affronta i demoni del suo passato quando due emorragie celebrali l’hanno portata ad un passo dalla morte. Perfino la Guzzanti vacilla ad un certo punto perché anche la mobilitazione “è stancante”. Ma niente in questo film è come sembra. Distribuito dall’Istituto Luce Le ragioni dell’aragosta esce nei cinema il 7 settembre.
Come è nato il progetto?
Si basa su una vecchia idea quella di realizzare un film sui racconti di Pierfrancesco Loche e Francesca Reggiani che sono dei narratori eccezionali. Poi ho deciso di includere questo plot alla sceneggiatura che mi stava venendo in mente dopo 2 anni di dibattiti in Italia e all’estero per Viva Zapatero!
Avete lavorato improvvisando tra voi o era tutto ben stabilito?
Uno script vero e proprio non c’era. Ho lavorato in preproduzione con gli attori intervistandoli singolarmente per capire quali potevano essere i loro punti deboli, quelli che potevano determinare le crisi. Poi abbiamo girato in fretta tutto quanto in sole 4 settimane.
Questo film sembra una specie di Grande Freddo impegnato politicamente…
Non è un film malinconico, nel senso che osserva un po’ il nostro passato ma contempla sia i pro che i contro. E’ un ‘Piccolo freddo’ in questo senso. Ma soprattutto ho cercato di creare l’illusione della realtà per lanciarmi contro l’ideologia da reality show.
Ovvero?
Non ho adottato la struttura classica narrativa in cui all’inizio si presentano i personaggi e poi c’è il classico equilibrio, disequilibrio e equilibrio finale. Gli attori fanno se stessi e la macchina da presa è quasi sempre statica per dare l’impressione allo spettatore di trovarsi lì con lui, come nei reality. Ma la sorpresa sta tutta qua: il nostro è un falso documentario. Non siamo mai stati chiamati dai pescatori di Su Palluso e non abbiamo mai fatto uno spettacolo a Cagliari tutti insieme. E’ tutto costruito proprio come nei reality. Ho addirittura chiamato Caroline Champetier direttrice della fotografia talmente realista da essere stata scelta negli anni dagli Straub e Godard.
Qual è il messaggio del film allora?
Dopo Viva Zapatero! Molti mi chiedevano cosa si potesse fare per cambiare un Paese come il nostro che è tutto meno che democratico. Basta andare all’estero per capire che da noi cè un regime strano. Non so come definirlo. La ricetta è lavorare per cambiare cominciando a fare politica dal basso. Lo spettatore deve comprendere che cè bisogno che ognuno si assuma le sue responsabilità. La partecipazione è fondamentale insieme alla positività e alla fiducia nella razionalità perciò ho intitolato il film, Le ragioni dell’aragosta.
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