“Ho fatto il mestiere di attrice più che altro con la mano sinistra. In fondo sono entrata appena sedicenne nel mondo del cinema per caso, perché studentessa di liceo classico volevo allora comprarmi la Vespa. Le attrici di oggi che amo di più? Laura Morante, Margherita Buy con quella sua aria così naturale. Fanno ruoli che avrei voluto anch’io interpretare, e invece mi sono trovata in film di cui criticavo sceneggiature e battute”.
E’ questo forse l’unico rimpianto di Rossana Podestà, attrice anomala perché la sua lunga carriera si è svolta fuori dagli stereotipi dello star system, attraversando generi cinematografici diversi: dai primi passi negli anni ’50 con registi come Bragaglia, Camerini, Steno alla sua ultima interpretazione in Segreti segreti di Giuseppe Bertolucci nel 1985.
Da allora la Podestà ha scelto di lasciare le scene, di declinare qualsiasi invito televisivo (unica eccezione la conduzione in Rai del programma “La straordinaria storia d’Italia”) e di essere la compagna amorevole dello scalatore ed esploratore Walter Bonatti.
Ha accettato tuttavia di essere presente all’omaggio, “Rossana Podestà: un’attrice italiana”, che le ha dedicato a Roma l’associazione Made in Italy presso la Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea, accanto a una rassegna dei suoi film più belli al palazzo delle Esposizioni, 16/19 maggio.
Davanti a un pubblico affettuoso l’attrice è stata festeggiata da Gianni Borgna, assessore alla cultura del Comune di Roma, che ha elogiato la sua versatilità e comunicatività.
Steve Della Casa, direttore di Torino Film Festival, ha ricordato il periodo “peplum” della Podestà, quando la sua bellezza solare e positiva si sposava con l’estetica dei film della Roma imperiale, caratterizzata da “buoni e cattivi”.
La giornalista Laura Delli Colli ha ripercorso la carriera di timida e dolce adolescente, acqua e sapone, che all’inizio degli anni ’60 si trasforma nella “vamp della porta accanto”, un ideale di donna raggiungibile nei sogni degli italiani di allora.
Patrizia Carrano ha elogiato la luce interiore della Podestà che le ha consentito di attraversare in tre decenni generi diversi, restando fedele a se stessa: il neorealismo rosa (Guardie e ladri, Le ragazze di San Frediano), il peplum (Elena di Troia, La schiava di Roma), la “femme fatale” (I sette uomini d’oro, Le ore nude) la commedia erotica (Paolo il caldo, Il prete sposato).
A omaggiarla a Roma sono venuti: gli attori Lando Buzzanca, Philippe Leroy che ricorda le travolgenti scene d’amore di Le ore nude, i registi Antonio Margheriti, Giorgio Capitani e Luigi Cozzi che con Hercules (1983), revival del genere mitologico, recuperò la Podestà del peplum, il direttore della fotografia Tonino Delli Colli.
Lei sorride e ringrazia, quasi intimidita, stupita di rivedersi su una copertina che la rivista “Cahiers du cinema” le dedicò per l’interpretazione di La rete del regista messicano Emilio Fernandez: “Un film che ho amato, il personaggio di Rosaria s’adattava alla mia natura selvatica”.
Il regista con il quale ha lavorato piacevolmente? “Valerio Zurlini, era così disarmato al suo debutto, Le ragazze di San Frediano“.
Un rimpianto, o meglio una ferita non rimarginata? Il torto subito dal regista ed ex marito Marco Vicario in Le ore nude, tratto da un racconto di Alberto Moravia: “La mia prestazione fu molto apprezzata, ma Vicario, che era fissato con le voci impostate, mi fece doppiare e la cosa mi escluse dalla partecipazione ai Nastri d’Argento. Non glielo l’ho mai perdonata”.
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