Romy Schneider: “Non sono Sissi, ma un’infelice donna di 42 anni”

In '3 Days in Quiberon' di Emily Atef, il ritratto tormentato e onesto della celebre attrice in una delle sue ultime interviste


BERLINO – Racconta i retroscena di una delle ultime interviste di Romy Schneider 3 Days in Quiberon di Emily Atef, in concorso a Berlino. Rilasciata nel 1981 (l’attrice è morta appena un anno dopo) al giornalista del settimanale tedesco Stern, Michael Jürgs (Robert Gwisdek), e al già noto fotografo Robert Lebeck (Charly Hübner) in un hotel di lusso a Quiberon, dove l’attrice stava seguendo un rigido programma di disintossicazione per dimostrare al figlio quattordicenne e al resto del mondo di essere una persona affidabile.  Determinata ad allontanarsi dall’immagine del film che l’ha resa famosa, Sissi, e persuadere il pubblico della sua integrità artistica e privata, Romy Schneider – interpretata dalla straordinariamente somigliante Marie Bäumer – rilascia un’intervista dettagliata e sconvolgente, in cui dà un resoconto sorprendentemente onesto della difficile conciliazione tra arte e vita personale, parlando in maniera molto intima delle sue relazioni più personali, comprese quelle tutt’altro che facili con i suoi genitori o con l’ex marito Harry Meyen che si è suicidato nel 1979. Confessioni sorprendenti e una apertura totale al giornalista tedesco che la incalza con domande sempre più indiscrete e a cui rivela: “Io non sono Sissi, ma un’infelice donna di 42 anni”. E ancora: “Non posso fare nulla nella vita ma tutto sullo schermo”, per spiegare il tormentoso dilemma che la lacera tra il sentirsi una celebre artista e insieme una madre in difficoltà. “Romy non era solo una celebrità ma una figura pubblica che cercava di giocare ruoli diversi, come quello di riuscire ad essere madre e star al tempo stesso”, sottolinea Emily Atef. “Non aveva filtri e poteva aprirsi completamente, soprattutto con un drink in mano”.

Durante l’intervista e nei tre giorni passati insieme, Robert Lebeck cattura ogni emozione con la sua macchina fotografica, fino ad arrivare alla famosa sessione di scatti sugli scogli di Quiberon a una Romy rilassata e allegra, che diventa uno dei set di immagini più belle e intime dell’attrice. Una relazione particolare, quella tra l’attrice e il fotografo, che si sono conosciuti nel 1976 e hanno costruito una relazione basata sulla fiducia reciproca. “Le foto di Robert Lebeck a Quiberon mi hanno immediatamente attratto”, rivela la regista che ha ammesso di aver girato la pellicola in bianco e nero proprio perché ispirata da quelle fantastiche immagini, intime, senza pretese, vere. “Nel 1981 Lebeck è riuscito a fotografare la donna, non la star internazionale, e anche io ho voluto concentrarmi su questo approccio personale. 3 Days in Quiberon non è un documentario né un reportage, né tantomeno un tributo a Romy Schneider, ma un lavoro di fiction basato su eventi reali. L’intervista di Michael Jürgs, ad esempio, non è l’intervista parola per parola pubblicata su Stern, ma ho usato gli stessi argomenti per darne un’interpretazione personale. 3 Days in Quiberon è un film che non parla solo dell’attrice più famosa d’Europa, ma racconta di vite personali, di quella di un noto fotografo, di un importante giornalista e di una donna in crisi che cerca se stessa”. 

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19 Febbraio 2018

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