Romano Scavolini


“La strage di Ustica è una vicenda che ha radici profonde e lontane nella storia italiana, radici che vanno oltre gli anni Ottanta, così da rappresentare un crocevia emblematico della politica interna ed estera italiana. Il cuore del mio film è la storia di un paese che è stato e forse lo è ancora, a sovranità limitata. Finché non c’è verità sui tanti misteri d’Italia, finché la società civile non possiede gli strumenti per trovare la propria verità, noi come collettività non saremo mai liberi”.
Così Romano Scavolini regista di Ustica (sottotitolo Una spina nel cuore che riprende un’espressione usata dal politico Francesco Cossiga), film presentato a Roma nel ventunesimo anniversario della tragedia dell’aereo civile Dc9 precipitato in mare con il suo carico di 81 passeggeri. L’ennesimo mistero italiano coperto da segreti di Stato e verità di comodo sul quale, ricorda Scavolini, sono state scritte più di due milioni di pagine, a cominciare dalle seimila della relazione finale del giudice Priore, “un documento che dice ben poco”.
clicca per guardare il trailer Prodotto da Massimo Forges Davanzati e in uscita tra due settimane, Ustica di Scavolini è un film inchiesta realizzato in digitale, dall’intreccio narrativo elementare, con due protagonisti, il giovane e intraprendente giornalista e l’anziano e informato rappresentante di una struttura supersegreta, impegnati nella ricerca di quella verità nascosta dai governi.
Il film prende l’avvio dal ritrovamento nel mare di Gaeta, nel gennaio 2000, del relitto di un Phantom americano, e si chiude con tre verità possibili: nel cielo di Ustica si consumò un tragico duello aereo tra aerei di diversa nazionalità per colpire il leader libico Gheddafi, o il terrorista Abu Abbas o un aereo carico di uranio impoverito destinato all’Iraq.

Il suo film richiama quella cinematografia d’indagine sociale e politica di Giuseppe Ferrara?
E’ il cinema della coscienza, della riflessione interiorizzata che mi interessa e non quello legato al piacere estetico del singolo, dello spettatore.

Oltre due anni di lavoro per realizzare il film?
Sì, ho svolto in completa solitudine le mie ricerche, come un qualsiasi cittadino o intellettuale, e la conferma è nei titoli di coda, nel lungo elenco di indirizzi web e libri “per non dimenticare”. Ho fatto un mio percorso individuale, senza cercare padrini a destra o a sinistra, convinto che la riflessione sulla strage di Ustica possa svolgersi indipendentemente da qualsiasi forma aggregativa o associazionistica, proprio per non creare allo spettatore attese particolari.

”Ustica” passerà in televisione?
E’ un film problematico, che affonda dentro alcune piaghe del sistema italiano. Se la Rai lo manderà in onda, spero lo collochi all’interno di un contenitore, così da dibattere sulle ipotesi raccontate dal film.

E’ stato influenzato da Il muro di gomma che dieci anni fa denunciava i silenzi e i depistaggi sulla strage di Ustica?
Il film di Marco Risi, che nasce da problematiche serie, è stato fatto troppo presto, ed è un’opera che sotto traccia contiene un certo autovittimismo, mostrando l’impossibilità di andare oltre. Io dico che questa impossibilità non c’è, non ci sono muri di gomma, esistono se noi lo vogliamo. Nell’opera di Risi prevale la sofferenza del protagonista/giornalista del Corriere della sera, nel mio film non mi riconosco in un personaggio particolare. Alcune volte sono il personaggio vecchio altre volte il giovane giornalista, ma domina la ricerca della verità, la comprensione del contesto politico e storico in cui avviene la strage di Ustica.

Ma il finale non lascia certo speranza?
Le uccisioni dei due protagonisti è venuta come necessità in una fase avanzata del film, la drammaturgia cresceva man mano che trovavo una serie di documenti, scoprivo nodi irrisolti della vicenda.

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