VENEZIA – E’ ambientato negli anni ’70 a Città del Messico Roma, l’intenso dramma familiare che Alfonso Cuaron presenta alla 75ma Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Il titolo prende il nome da un quartiere della città, dove si svolgono le vicende di una famiglia borghese, con il regista a tessere un’ode alle figure femminili della famiglia – espressamente ispirata alla sua – e al matriarcato. Una famiglia borghese, un padre assente, la domestica Cleo (Yalitza Aparicio) e dela sua collaboratrice Adela (Nancy García García), entrambi di discendenza mixteca si alternano con quelle di Sofia (Marina de Tavira), madre di quattro figli, amati da Cleo come se fossero i propri. Ma la ragazza viene sconvolta da una notizia che le cambia la vita. Intanto, anche il Messico sta attraversando una trasformazione sconvolgente. Una serie di proteste studentesche a favore della democrazia culminano nel tristemente famoso Massacro del Corpus Christi, quando un gruppo paramilitare appoggiato dal governo e noto come Los Halcones (i Falchi) uccise brutalmente 120 persone.
Un ritratto di vita vera, interamente girato in bianco e nero, in 65mm e con lunghi piani sequenza, racconta il regista, “per una questione di obiettività. Non volevo che la camera si insinuasse in quelle vicende, nei dialoghi, è un punto importante perché è un film legato alla memoria e al ricordo. Il film è dedicato a quella che è stata la mia bambinaia, che ovviamente lo ha ispirato. Tutto viene dalle conversazioni che ho avuto con lei e così è venuto fuori il personaggio di Cleo. Quando cresci con qualcuno che ami non metti in discussione la sua identità. Per me era come una mamma. Mi sono dovuto sforzare di vedere Cleo come una donna, con tutte le problematiche della sua storia. Scoprire le sue radici indigene e la sua condizione sociale. Le donne a casa mia hanno sempre portato avanti le cose da sole”, ed è in effetti quello che si dicono Sofia e Cleo in una scena molto intensa. Le donne restano sempre sole.
Prodotto Netflix, il film si aggancia naturalmente alla polemica sulle nuove piattaforme di distribuzione, dato che il marchio è molto presente durante questa Mostra: “In molti stati la pellicola sarà distribuita in sala, su grande schermo. Bisogna andarci piano con i giudizi – dice il regista – per me Netflix è un grosso aiuto, soprattutto considerando quanto sarebbe difficile la distribuzione di un film come questo, in bianco e nero e non di genere. Come i film di Antonioni o Bresson, ad esempio. E vi chiedo: quando è stata l’ultima volta che avete visto un loro film? E dove è successo? In sala o a casa?”
Ad ogni modo ieri, l’Hollywood Reporter aveva diffuso la notizia che il gigante dello streaming starebbe pensando di “ammorbidire” la sua politica in materia di rapporti con la sala cinematografica “consentendo” ad alcune opere di approdare nei cinema prima della release online in day-and-date. Scott Stuber, il dirigente che si occupa di supervisionare la produzione cinematografica targata Netflix, starebbe per questo tentando di convincere Ted Sarandos, il chief content officer dell’azienda, a concedere qualcosa in più della solita release ultralimitata volta a permettere la partecipazione di una data pellicola ai vari Festival e agli Oscar. E fra i film che potrebbero beneficiare di un debutto nei cinema ci sarebbe proprio Roma.
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