ROBERTO FAENZA


“Io ed Elda abbiamo avviato le nostre ricerche nel 1979″. Roberto Faenza racconta come e quando ha iniziato a interessarsi alla vita di Sabina Spielrein. “Due anni prima Aldo Carotenuto aveva scoperto e portato alla luce il carteggio amoroso tra la Spielrein e Carl Gustav Jung. Da quel momento in poi abbiamo agito da veri detective”. Il risultato, 23 anni dopo, è Prendimi l’anima, diretto dallo stesso Faenza, prodotto da Elda Ferri per Jean Vigò Italia con i francesi Les Film du Centaure e gli inglesi Cowboy Film. Il film, con Iain Glen, Emilia Fox, Craig Ferguson, Caroline Ducey e Jane Alexander, sarà distribuito da Medusa venerdì 24 gennaio.

Come sono andate le ricerche?

Making of: Prendimi l’anima
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Sono state lunghe e faticose. Siamo andati più volte a Mosca sulle tracce della Spielrein. Mi interessava mettere in luce la vita della donna dopo la sua guarigione a “Burghölzli” (l’ospedale psichiatrico di Zurigo dove lavoravano Jung e Freud, ndr.) e il ritorno in Russia, la sua terra. Ho dovuto interrompere le ricerche per sette anni. Più indicazioni bibliografiche mi avevano portato fuori strada, per esempio il filosofo e pedagogo Bruno Bettelheim aveva scritto che Sabina Spielrein aveva lavorato in una clinica psichiatrica a Mosca, ma non era vero. Nel 1994, quando sono andato a Mosca per presentare Jona che visse nella balena, ho avuto l’opportunità di incontrare uno storico che mi ha dato nuove indicazioni per le mie ricerche. Ho così scoperto che Sabina nel 1923 aveva fondato insieme a Vera Schmidt l’asilo della solidarietà internazionale, chiamato dai bambini Asilo Bianco. Lì sperimentavano sui bambini il significato della libertà. La scuola fu chiusa dopo tre anni dal regime stalinista e venne accusata di praticare perversioni sessuali sui bambini. Ma non era vero. Lo stesso Stalin aveva iscritto sotto falso nome suo figlio Vassili all’Asilo bianco.

Poi ha incontrato il figlio di Vera Schmidt…
Vladimir Schmidt, un uomo che oggi ha 84 anni. E’ l’ultimo sopravvissuto tra i bambini dell’Asilo bianco ed è stato proprio lui a permettermi di trovare nuovi documenti sulla Spielrein. Sabina è un simbolo del ‘900: ha tenuto testa a Jung e Freud, si è scontrata con lo Stalinismo e con il Nazismo.
Apparteneva alla ricca borghesia ebreo-russa, il padre era un uomo d’affari. Morì nel 1942 a Rostov, sua città natale, in seguito a un rastrellamento. Mi stupisce che la comunità psichiatrica internazionale non si sia interessata a Sabina dopo il suo ricovero a Zurigo. Oltre ad essere il primo caso documentato di innamoramento tra paziente e analista, cioè tutto ciò che non deve accadere sul lettino della psicanalisi, Sabina è diventata lei stessa una psichiatra e una studiosa. Quando uscì il carteggio amoroso, scoperto nelle cantine del Palais Wilson di Ginevra, fu censurato dagli eredi di Jung. Piano piano sono state pubblicate sempre più lettere ma ancora oggi alcune sono censurate. In Prendimi l’anima ci sono due lettere della Spielrein che non sono state ancora pubblicate.

Sulla Spielrein sono state fatte già due commedie teatrali.
Sì, una a Broadway e una a Londra. Julia Roberts voleva fare un film su Sabina.

Come avete scelto Iain Glen per il ruolo di Carl Gustav Jung?
L’ho visto a teatro in Blue room con Nicole Kidman. Carl Jung era un uomo con un certo fascino a Glen era perfetto per questo ruolo. E’ stato un po’ più difficile invece trovare Sabina. Abbiamo fatto molti provini in giro per l’Europa e alla fine la scelta è caduta su Emilia Fox.

autore
13 Gennaio 2003

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